Tutti fratelli ma, solo se di padre

Tutti fratelli ma, solo se di padre – Quando si parla di consanguinei, il pensiero corre alla parentela tra soggetti nati da entrambi i genitori; ma questo significato – per noi assolutamente assodato – era invece sconosciuto nell’antichità, al punto che la stessa legislazione romana lo accolse soltanto nell’anno 513, allorché l’imperatore Giustiniano lo promulgò con la Novella 118.

Fino a quel momento, venivano considerati consanguinei solo coloro che condividevano il sangue della linea paterna e ciò dava origine a una serie numerosa di conseguenze negli istituti del diritto familiare, a partire dalla materia delle successioni: difatti e contrariamente al diritto della Chiesa, i fratelli generati dallo stesso padre, seppur di uteri diversi, potevano ereditare tra loro vicendevolmente, al contrario dei figli di una medesima madre e di più padri esclusi da tale diritto in quanto carenti della condivisione del sangue che contava.

Ciò che può apparirci una palese ingiustizia si fondava tuttavia su solide basi filosofico-scientifiche, desunte da arcaiche concezioni attinenti la fisiologia umana, le quali rivestirono un ruolo primario anche nel periodo medievale e interessarono buona parte del Rinascimento. Secondo Aristotele, lo sperma costituiva il residuo derivato dal nutrimento per “cozione” del sangue, allorché esso raggiungeva una temperatura ottimale; e tale sostanza seminale (non prodotta dai testicoli) era una prerogativa del maschio: A giudizio del Filosofo esisteva quindi un collegamento diretto tra cibo e  sperma: gli spermatozoi erano l’escrezione del cibo, la componente più perfetta di esso.

Anche il medico greco Galeno (129-216 a.C) sostenne la giustezza di questa teoria (all’epoca, un buon medico doveva essere pure un buon filosofo) anche se, fedele agli insegnamenti di Ippocrate, se ne discostò parzialmente ritenendo che la donna non fosse naturalmente esclusa dalla produzione di liquido seminale: ma esso soffriva di scarso calore ed elevata umidità che ne provocavano debolezza e, impedendo il raggiungimento dell’ottimale temperatura sanguigna, non era idoneo a mutarsi in sperma. Inoltre mentre Aristotele, escludendo la donna dal noveri degli agenti riproduttivi, la riduceva a semplice contenitore privo di autonomia generativa, Galeno fissava il compito dell’utero alla protezione e al nutrimento dell’embrione, generato dal sangue paterno e trasformato in seme perfetto.

Oggi potremmo dire che gli antichi sapienti non avevano sviluppato la sensibilità necessaria per percepire il forte legame tra madre e figlio che si verifica per tutta la durata della gestazione, ma non dobbiamo meravigliarci. Persino il grande Tommaso d’Aquino ribadì tesi che portarono alla conclusione che la donna fosse un “mas occasionatus”: “La donna è in rapporto con l’uomo come l’imperfetto e il difettivo con i perfetto. La donna è fisicamente e spiritualmente inferiore e la sua inferiorità risulta dall’elemento fisico, più precisamente dalla sua sovrabbondanza di umidità e dalla sua temperatura più bassa. Essa è addirittura un errore di natura, una sorta di maschio mutilato, sbagliato, mal riuscito”; “In ogni caso la donna serve solo alla propagazione della specie. Tuttavia la donna trascina in basso l’anima dell’uomo dalla sua sublime altezza, portando il suo corpo in una schiavitù più amara di qualsiasi altra”; “Cosicché si vede come causata da una natura particolare, una donna non sia altro che una mancanza, o un caso negativo. Per il potere attivo dello sperma, esso cerca sempre di produrre qualcosa di completamente uguale a sé stesso, cioè un maschio. Se invece viene generata una donna, questo può accadere perché il seme è debole o perché la materia è inadeguata oppure per l’azione di fattori esterni come l’azione dei venti meridionali che rendono umida l’aria” (Summa Teologica, 1, q. 92, art 1).

Purtroppo per i santi e i filosofi, la scienza genetica ha scoperto che è il maschio a costituire una “variazione” rispetto alla sequenza dei cromosomi che la natura ha fotografato nel sesso femminile. Basta che le donne si ricordino sempre di questa loro superiorità.

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