Le acque del Tevere complici di un banchiere biricchino

Le acque del Tevere complici di un banchiere biricchino – Passeggiando lungo le sponde del Tevere, in una giornata di sole, potrebbe capitarvi di scorgere sul letto del fiume, uno strano ma insistente luccichio. Potrete cambiare posizione, chinarvi o anche spostarvi, lo scintillio sarà sempre lì, fermo ed invitante. Un fatto decisamente curioso che affonda le sue origini addirittura nel Rinascimento e, per l’esattezza, negli anni in cui visse il banchiere Agostino Chigi. L’uomo, affascinante e ricco aveva, si racconta, adottato delle usanze conviviali particolarmente stravaganti.

A quell’epoca, come oggi, l’essere l’uomo più ricco del mondo era molto importante e, il banchiere ben conscio del fascino e del potere che tale nomea aveva, si era ingegnato per accrescere e mantenere tale fama. Amando ricevere a cena amici e parenti pensò bene di sfruttare questa sua passione per impressionare tutti coloro che avevano la fortuna di frequentare lui e la sua casa. Chigi, astutamente, decise quindi di organizzare i suoi banchetti in un giardino che si affacciava proprio sul Tevere. La particolarità di questi inviti non era tanto nelle prelibate portate che faceva assaporare ai commensali bensì nel fatto che, a fine pasto, senza battere ciglio ordinava ai servitori di gettare nel fiume, sotto gli occhi increduli dei presenti, i piatti e le posate, rigorosamente d’argento, che erano stati appena utilizzati.

Nessuno sapeva però che, il furbacchione, aveva stretto segretamente un accordo con i frati di un vicino convento che, in cambio di una piccola offerta, quotidianamente stendevano delle reti sotto il pelo dell’acqua e, ogni notte dopo che gli ospiti del banchiere se ne erano andati, le ritiravano colme dell’argenteria che era stata gettata in acqua e la riconsegnavano al legittimo e arguto proprietario. La stravaganza delle usanze di Chigi divenne ben presto argomento di conversazione e, tutti, curiosi, facevano a gara per poter essere invitati a alle incredibili cene organizzate dal banchiere per potere constatare con i propri occhi il momento in cui l’argenteria veniva affidata, dai camerieri, alle acque del biondo Tevere.

La fama di Agostino Chigi, con questo stratagemma accrebbe e si confermò in pochissimo tempo e, nessuno mai, mise in dubbio la sua ricchezza. Quello strano luccichio che si scorge nelle acque del Tevere è quindi quasi sicuramente qualche pezzo di argenteria che è scivolato involontariamente fuori dalle reti dei frati e si è adagiato sul letto del fiume.

Articolo precedentePiazza di Spagna, un monumento tra urla e fantasmi
Articolo successivoLa donna della pineta