Sono stati entrambi pubblicati dall’editore Qui Edit i due romanzi dello scrittore veronese Siro Comencini. “Ikigai”(2021) e “Step Back” (2022) stanno già conquistando tantissimi lettori.
Noi di Oltre Le Colonne, dopo aver letto e apprezzato “Step Back” abbiamo voluto rivolgere qualche domanda allo scrittore a proposito dei suoi romanzi editi e dei suoi progetti futuri.
Benvenuto Siro. Quale modo migliore per conoscere un autore se non quello di raccontare e approfondire i libri che ha scritto? “Ikigai” e “Step Back” sono i due romanzi pubblicati dall’editore Qui Edit, quanto tempo ha impiegato per scrivere l’uno e l’altro? Ha incontrato delle difficoltà pratiche? O c’è stato un momento in cui ha pensato di lasciar perdere tutto e procedere per la Sua strada?
È stato un bel viaggio per entrambi i romanzi, ho impiegato circa un anno e mezzo l’uno. Le difficoltà non sono state legate ai tempi ma ad alcune fasi dove per motivi legati alla sfera personale non riuscivo a mettere su carta quanto volessi esprimere. Il mio vantaggio è non essere legato a contratti che prevedano tempi certi per la pubblicazione, l’unico purtroppo nell’essere uno scrittore emergente.
Nella maggior parte delle opere letterarie è spesso velleità del lettore cercar di rintracciare punti di contatto tra ciò che si legge e la persona che scrive – lo scrittore dell’opera. Che cosa c’è di Lei – se Le va di dirlo – all’interno di “Step Back” e “Ikigai”? Possiamo dire che in qualche modo si colleghino (anche solo metaforicamente) il vissuto di Luca, Filippo e Marta alla sua esperienza reale?
Sì, decisamente, in ambedue i romanzi le ambientazioni sono reali, le emozioni sono vissute personalmente e i personaggi sono il riassunto di persone caratterizzate dai tratti che ho riportato. Mi piace pensare che al di là della fantasia nella narrazione esistano sempre legami stretti con i sentimenti reali che voglio mettere nei libri, è il mio modo di usare un racconto al servizio dell’introspezione del lettore.
Soprattutto nel Suo secondo romanzo colpisce molto il tentativo di aver voluto raccontare la capacità di individuare degli obiettivi attraverso cui mettere alla prova sé stessi e, perché no?, superarli e superarsi. Ritiene che lo sport svolga questo compito? In che modo pensa che l’attività fisica – agonistica e non – sia fondamentale per gli individui? Quali sono i suoi vantaggi, e se ce ne sono, quali gli svantaggi?
Lo sport rappresenta l’avanguardia assoluta in termini di sperimentazione emotiva in età evolutiva. È probabilmente il primo momento che un ragazzo vive da solo al di fuori della famiglia. Sì, è fondamentale, aiuta a simulare gratuitamente dinamiche relazionali con i compagni o con sé stessi sotto stress, gioco o competizione, prima che sia la vita a sottoporre l’individuo a tali emozioni in situazioni scomode e magari difficili da governare. Senza contare l’aspetto fisico e salutare, che molto spesso viene troppo sottovalutato nella gestione mentale in età adolescenziale. Se impari a faticare per un risultato a quell’età saprai farlo per qualsiasi tuo obiettivo per il resto dei tuoi giorni, sapendo esattamente quanto siano importanti l’attesa e il sacrificio – anche in relazione al traguardo da raggiungere. Non vedo grandi svantaggi, forse gli infortuni di gioco, anche se personalmente guardo loro comunque come momenti di crescita interiore e rigenerazione intellettiva.
Come accade a Luca, personaggio protagonista e narratore assoluto di “Step Back”, sarà capitato anche a Lei di trovarsi costretto ad arrestarsi davanti ai limiti sopraggiunti nella strada verso i Suoi obiettivi – di qualunque tipo di obiettivi si tratti. Ma quali e che cosa sono per Lei i limiti? Esistono e servono per essere superati oppure occorrono più per fare quel che spesso fanno, ovvero bloccarci, riportarci sui nostri passi?
Bella domanda, si certo che mi sono trovato di fronte a parecchi muri sul mio percorso, ma li ho usati come sponda per spingermi verso altre direzioni interessanti. Per mia natura accetto pochissimo di arrendermi, a volte con grande successo, a volte anche a costo di schiantarmi emotivamente. Ma quando accade, vedo questi stop naturali come strumenti di misura della mia evoluzione interiore. Ho smesso da tempo di giudicarmi per non essere riuscito in qualcosa. Oggi, vivo un fallimento come fosse un segnale che la vita mi regala per trovare la mia strada vera, anche se a volte distante da quella che pensavo fosse corretta. Ci ho messo anni, lacrime, sangue e sudore per comprenderlo, e a volte mi arrovello ancora nella normale insoddisfazione di chi non arriva dove vuole, ma di base ho imparato a trasformare quasi tutto in spinta interiore. In generale, sono convinto che i limiti siamo soltanto noi a imporceli, chiaramente solo a patto di una consapevolezza solida e lavorata, per evitare che sia un errata percezione nel posizionamento del sé nella vita a determinare fallimenti prevedibili.
Nella vita di ogni essere umano, secondo Lei, a guidare la strada da compiere e le direzioni da prendere, gli unici fattori responsabili sono da considerarsi la nostra volontà e le nostre azioni, oppure – si veda soprattutto alla tematica dell’esordio “Ikigai” – in qualche modo crede ci siano degli influssi, o qualcosa di spirituale (nell’accezione di qualcosa che interessa la nostra interiorità) che ci condiziona? Esiste il libero arbitrio o siamo semplici pedine di un destino già stabilito per noi?
Potrei scrivere un libro in risposta a questa domanda, ma proverò a riassumere. Io credo esista un libero arbitrio di base. Almeno quanto esistono alcuni eventi o circostanze che portano variazioni ai nostri equilibri interiori, spesso prestabiliti dall’educazione relazionale appresa in fase evolutiva. Quindi non vedo prevalenze di una logica piuttosto che l’altra, ma solo correlazione e temporaneità. In sostanza, nel percorso di crescita della vita può accadere che cresca la nostra consapevolezza profonda, che cambi il modo con cui vediamo il mondo e ci porti ove prima non sapevamo di voler stare. Parte del destino è di sicuro nelle nostre mani. Tutto il resto sono condizionamenti culturali, contingenze eventuali; situazioni imprevedibili che nella loro somma ci condurranno se possibile a continui nuovi stati funzionali se pur temporanei. Non possiamo pretendere di controllare tutto: alcune cose andranno semplicemente come andranno. Di certo, possiamo provare a conoscerci meglio con umile profondità e decidere chi vogliamo essere prima di scegliere dove vogliamo stare. Mi piace pensare che la vita sia questa ricerca; che sia fatta di avventura e predisposizione all’evoluzione; che con un po’ di fortuna e compagni di viaggio giusti ci aiuterà a trovare la nostra pace interiore definitiva, consumandoci nell’esperienza.
È parecchio quotato che nell’atto compositivo ogni scrittore lasci nella propria opera qualcosa di sé: un punto di vista, un lato caratteriale, un difetto ma anche un pregio. C’è un personaggio in Step Back o in Ikigai dietro cui si rivede maggiormente? Che ogni volta che ne sente parlare – o lo ritrova tra le sue pagine – si dice “Ecco, questo sono proprio io?”
Diciamo che più di un personaggio trovo delle caratteristiche di alcuni di loro. In Filippo mi rivedo per esempio nell’attenzione maniacale al dettaglio e nella volontà di crescere personalmente alla ricerca della propria felicità. In Luca rivedo la determinazione e dedizione alla causa, sono parte del mio modo di affrontare le situazioni più sfidanti senza uscirne demotivato.
Tra “Ikigai” e “Step Back” il secondo dei due, in particolare, non sembra rivolgersi esclusivamente ai lettori più adulti, ma anzi pare proprio stringere l’occhio anche ai giovani e agli adolescenti, essendo il protagonista un tredicenne alle prese con l’atto di diventar grande. Che cosa vorrebbe che restasse a un lettore più giovane della lettura di “Step Back”?
Vorrei arrivasse loro il messaggio di spingere con passione e lavorare duro per i propri sogni senza permettere a nessuno di smontarli. Facendolo con impegno vero avranno imparato come minimo a spingere e lavorare il doppio di tutti quelli che non credono in nulla. Il che li metterà comunque in luce ed in vantaggio reale nella vita che verrà.
Tutti quanti gli scrittori, nel momento in cui concepiscono le proprie storie, hanno già in mente a chi sono dirette. È così anche per lei? A chi pensava mentre scriveva Step Back e Ikigai?
Non c’è una persona in particolare, ci sono alcuni tratti. Soprattutto in Ikigai – avrei voluto dedicarlo ad alcune persone che ho incontrato (e vissuto) nella mia vita. Ci sono però alcune persone che mi hanno ispirato molto nel dipingere le situazioni e i caratteri in gioco. Non mi sentirei di sceglierne solo una, anche per rispetto di tutti coloro che vivendomi accanto hanno contribuito a impreziosire il mio percorso nella scrittura.