Le palafitte di Fiavé e Ledro a “tourismA – Salone dell’Archeologia e del Turismo culturale”

Le palafitte di Fiavé e Ledro a “tourismA – Salone dell’Archeologia e del Turismo culturale” – Nell’Anno europeo del patrimonio culturale, le palafitte di Fiavé e Ledro, patrimonio Unesco, partecipano a “tourismA – Salone dell’Archeologia e del Turismo culturale” che si terrà a Firenze, presso il Palazzo dei Congressi, dal 16 al 18 febbraio. L’iniziativa congiunta della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento e del MUSE fa seguito alla presenza alla fiera “Monumento” a Salisburgo nel gennaio scorso. Lo stand, curato dal Servizio per il Sostegno occupazionale e Valorizzazione ambientale, riprende la suggestione della “selva di pali” apparsa agli archeologi che hanno effettuato le prime ricerche sui siti palafitticoli. Nell’ambito della manifestazione, venerdì 16 febbraio, il soprintendente Franco Marzatico terrà l’intervento “Tre metri sopra l’acqua… Palafitte mito e realtà: il Parco archeologico di Fiavé”.

Giunto alla quarta edizione, “tourismA” si conferma fra gli eventi di spicco dedicati al patrimonio culturale e archeologico in particolare, momento di esposizione, divulgazione e confronto di tutte le iniziative legate alla comunicazione del mondo antico e alla valorizzazione delle sue testimonianze. Nel corso dei tre giorni, oltre ai numerosi spazi espositivi di realtà culturali, turistiche, economiche italiane ed estere, l’iniziativa propone un ricchissimo programma di incontri, convegni, laboratori didattici, workshop con la partecipazione di 250 relatori e ospiti. Un vero e proprio appuntamento d’eccezione con la storia, che costituisce una prestigiosa opportunità per presentare a livello nazionale l’offerta culturale e museale del Trentino, rappresentata per l’occasione dalle palafitte di Fiavé e Ledro con i rispettivi musei (quello di Ledro in fase di ristrutturazione e ampliamento) e parchi archeologici (quello di Fiavé in fase di realizzazione). Il riconoscimento ufficiale della validità e dell’importanza dei due siti trentini è giunto con l’inclusione nel 2011 nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO dei “siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino” assieme ad altri 109 siti.

 

Le palafitte di Fiavé

Noto già nella II metà del XIX secolo a causa dell’estrazione della torba, il sito palafitticolo dell’ex lago Carera di Fiavé è stato oggetto di scavi sistematici condotti da Renato Perini dal 1969 al 1976 e di ricerche paleoambientali nel corso degli anni ’80 e ’90. Dell’insediamento stabile più antico (Fiavé 1- I metà del IV millennio a.C.) rimangono tracce di abitazioni all’asciutto e una bonifica spondale costituita da tronchi di larice e pino nonché da colmature eseguite con frasche e pietrame. Forse un altro abitato sorse nella stessa zona (detta “isoletta”) all’inizio dell’età del Bronzo (Fiavé 2, XXII-XIX sec.a.C.), ma è alla fase immediatamente successiva che risalgono le testimonianze di un vero e proprio abitato palafitticolo.

A poche decine di metri di distanza dall’isoletta fu infatti individuata una fitta selva di pali, ossia ciò che rimaneva di capanne edificate sull’acqua. Gli oltre 800 pali, prevalentemente di abete rosso, lunghi fino a nove-dieci metri e piantati per metà nel limo di fondo, furono messi in opera in diversi momenti, tra la fine dell’antica e la media età del Bronzo (Fiavé 3, 4, 5 – XVIII-XV sec.a.C.). Oltre all’agricoltura e all’allevamento prevalentemente di capri-ovini, erano praticate diverse forme di artigianato: ceramica, metallurgia, lavorazione dell’osso e del corno. In un abitato di epoca immediatamente successiva (Fiavé 6 – Bronzo medio avanzato – XV- XIV sec.a.C.) sorto al di sopra del villaggio Fiavé 1, fu introdotta una sorprendente innovazione strutturale. Una maglia ortogonale di tronchi e travi adagiati sul fondo lacustre servì a vincolare e a rendere più stabili i pali verticali che sorreggevano i pavimenti delle capanne. Ornamenti in bronzo, oro e in ambra documentano contatti dal Garda meridionale all’Europa transalpina. Di particolare valore scientifico sono gli oltre 300 oggetti in legno, perfettamente conservati dalla torbiera, e datati tra l’antica e la media età del Bronzo. Con l’età del Bronzo recente (XIII sec.a.C.) l’abitato venne trasferito su un rilievo morenico al margine meridionale del bacino, il Dos Gustinaci, concludendo il ciclo abitativo palafitticolo. Altri rinvenimenti indicano che l’area fu frequentata, per motivi rituali o funerari, anche nel corso del I millennio a.C. (età del Ferro).

Nel 2012 è stato aperto il Museo delle Palafitte di Fiavé che racconta le vicende dei diversi abitati succedutisi lungo le sponde del lago Carera, bacino di origine glaciale, tra tardo Neolitico ed età del Bronzo. Di particolare rilievo l’eccezionale collezione di circa 300 oggetti in legno, unica in Europa per l’ottimo stato di conservazione.

 

Le palafitte di Ledro

L’abitato palafitticolo di Molina di Ledro si affaccia sull’omonimo lago, in prossimità dell’emissario. In seguito al forte abbassamento delle acque dovuto alla costruzione della Centrale idroelettrica del Ponale, nel 1929 Ettore Ghislanzoni eseguì le prime indagini su un’area di cinquecento metri quadrati formulando l’ipotesi che si trattasse dei resti di una palafitta a terra o “bonifica”.

Successivamente, l’ulteriore forte abbassamento del livello lacustre che si verificò nell’inverno 1936-37 permise a Raffaello Battaglia di ampliare la superficie di scavo a quattromiladuecento metri quadrati, portando alla luce oltre diecimila pali. Fu individuato un tratto di tavolato di trentasei metri quadrati che Battaglia interpretò – diversamente da Ghislanzoni – come parte della struttura che avrebbe dovuto sorreggere una capanna sull’acqua. Altre ricerche sono state condotte tra il 1957 e il 1967 e tra il 1980 e il 1983.

Gli studi fino ad oggi condotti sui materiali di Ledro permettono di inquadrare la vita del sito tra l’antica e la media età del Bronzo (circa XXII – XIV sec.a.C.), anche se alcuni indizi fanno ipotizzare fasi di occupazione più antiche. I materiali ceramici, sono attribuibili a sviluppi locali delle facies di Polada (antica età del Bronzo) e gardesane meridionali (media età del Bronzo). L’artigianato metallurgico è indiziato da crogioli, ugelli e forme di fusione e rivela nei prodotti di raffinata fattura (asce, spilloni, ornamenti) forti connessioni con il bacino medio – danubiano. Di particolare rilievo sono i cosiddetti “diademi” in bronzo, con confronti nella necropoli di Pitten (Bassa Austria), come anche i vaghi d’ambra di provenienza baltica o ancora le Tavolette enigmatiche, che inseriscono Ledro in una rete di commerci che in tempi preistorici univa i versanti dell’arco alpino da Nord a Sud, da Est a Ovest.

Il locale Museo delle Palafitte del Lago di Ledro conserva ed espone un’importante selezione di reperti che fanno luce sulle numerose e complesse attività di produzione e di scambio, che quotidianamente facevano vivere il villaggio di agricoltori – pastori e il territorio circostante. Altri materiali sono visibili al Museo di Riva del Garda e al Museo del Castello del Buonconsiglio a Trento.

Da oltre 20 anni il Museo delle Palafitte del Lago di Ledro svolge un’intensa attività educativa e, di concerto con la locale Amministrazione Pubblica, con la Scuola e con il Consorzio per il Turismo della Valle di Ledro, organizza iniziative rilevanti finalizzate alla valorizzazione del sito e del territorio ledrense e ha colto, nel 2017, il considerevole traguardo di 41.000 presenze.

Articolo precedenteMacerata Jazz, un sabato da all stars. Jesse Davis con Flavio Boltro e il trio di Andrea Pozza
Articolo successivoRosalyn di Edoardo Erba al Sala Umberto di Roma