La forza delle donne alla Stampa Estera. Rima Karaki: Le donne hanno la precisa responsabilità di scuotere l’opinione pubblica

La forza delle donne alla Stampa Estera. Rima Karaki: Le donne hanno la precisa responsabilità di scuotere l’opinione pubblica – 16 gennaio 2018: prende l’avvio, emblematicamente dalla Stampa Estera in Italia, il tour de La forza delle donne, il documentario di Laura Aprati e Marco Bova che racconta uno straordinario viaggio fra le donne tra Iraq, Siria e Libano. Come ha precisato in apertura dell’incontro Paolo Botturini, della segreteria della FNSI, questo lavoro testimonia il valore del documentario come strumento per il racconto della realtà. Un modo di parlare di donne profondo, lontano dalla futilità che ci circonda, ha precisato Alfredo Tesio, facendo gli onori di casa della Stampa Estera. Ospite d’eccellenza della conferenza Rima Karaki, celeberrima giornalista libanese, fra le voci del documentario. A moderare il panel Luisa Betti Dakli che, immediatamente dopo la proiezione, ha aperto con la lettura di un saluto della Ministra Valeria Fedeli che ha ricordato, fra le altre iniziative, la lotta compiuta contro la violenza sessuale come strumento di guerra. E la capacità di resilienza delle donne in zone di guerra. Laura Aprati ha voluto sottolineare come queste donne dei campi profughi siano protagoniste di uno sforzo tenace e straordinario per portare avanti in dignità la vita quotidiana. Rima Karaki, dopo aver ringraziato Laura e Marco per questo film, partecipare al quale le ha dato un’emozione profonda, ha sottolineato l’importanza del ruolo delle donne nelle zone di guerra e non solo. Come donne lontane dal campo di battaglia possiamo comunque offrire un prezioso punto di vista pe sensibilizzare, per fare cultura. Dentro e fuori dagli eventi. Posso affrontare questi problemi come giornalista, ma posso soprattutto raccontare questi drammi come madri, in modo che i nostri figli possano a orientarsi e avere gli strumenti. Come possiamo affrontare i problemi delle persone nei luoghi di guerra, perché tornino alle loro case come luoghi di pace: facendo cultura. Se rimaniamo in silenzio contribuiamo alla diffusione dell’ingiustizia e la responsabilità è di ciascuno di noi

Gianfranco Cattai, Presidente della Focsiv, ha sottolineato che un lavoro come questo ha il valore di restituire credibilità alle numerose Organizzazioni di volontariato che operano in questo territorio, in un periodo di screditamento totale della loro attività. Ha anche ribadito il valore delle donne ovunque, ma soprattutto in queste zone che spesso in questi contesti riscoprono energie inusitate, capacità nascoste di grande valore anche economico oltre che sociale.

Paolo Botturini, intervenendo nel panel, e ricordando Rossellini, che diceva che è importare mostrare e non dimostrare, che questo documentario è la prova di come dovrebbero essere fatti i documentari di inchiesta. E riporta alla ribalta il tema della responsabilità dei giornalisti che dovrebbero essere sempre consapevoli che il vero editore di riferimento dovrebbe essere il cittadino e non qualche e qualsiasi gruppo di potere. Paolo Borrometi, giornalista e Presidente di Articolo21, ha sottolineato il valore del racconto: che non è solo e mero rendiconto, ma strumento per restituire la realtà del vissuto del teatro di guerra. Spesso il ruolo centrale delle donne nella società si perde proprio nella narrazione dei giornalisti, qualche volta anche delle giornaliste. In chiusura, Marco Bova, su sollecitazione di Luisa Betti Dakli, ha ricordato l’importanza dell’incontro fra generazioni, la sua e quella di Laura Aprati, che ha evitato un rischio importante quando si parla di drammi di questo tipo: la banalizzazione. E ha chiuso il suo intervento ricordando due giornaliste morte proprio per raccontare al mondo intero il dramma di quelle popolazioni:

E le sue protagoniste sono anche le giornaliste che hanno documentato, raccontato, fatto conoscere al mondo intero il dramma di quelle popolazioni: Shifa Gardi, inviata di Rudaw Tv, morta per l’esplosione di una mina il 27 febbraio 2017 ad una settimana dall’inizio dell’offensiva a Mosul Ovest. E Veronique Robert, inviata di France 2, morta il 24 giugno 2017 sempre a Mosul Ovest e sempre per l’esplosione di una mina, a qualche giorno dalla liberazione della città.

La forza delle donne di Laura Aprati e Marco Bova racconta lo straordinario viaggio fra le donne compiuto da una giornalista d’inchiesta con una lunga storia alle spalle e da un giovane giornalista e regista in mezzo alle donne: donne che migrano e donne che accolgono, fra Iraq, Siria e Libano. Il documentario è uno squarcio su una realtà, quella della guerra, che spesso ci sfugge perché in Europa da oltre 60 anni non si combatte. E che viene osservata nella sua quotidianità. Per l’analisi della quale, uno dei punti di forza è stato proprio il confronto generazionale fra i suoi due autori. Il valore di questo documentario è proprio in questo confronto profondo e disincantato: La forza delle donne racconta i problemi di conflitti e migrazioni attraverso uno sguardo tutto al femminile, attraverso la diversità di genere delle sue protagoniste.

E una delle voci del documentario è Rima Karaki, libanese, giornalista anche lei, cresciuta a Beirut. In Libano si sono rifugiati palestinesi, siriani e convivono più religioni. Lei va in onda senza velo ed è diventata famosa per aver tolto la linea in diretta ad uno sceicco che non rispettava la parità di genere.

Un confronto profondo e disincantato: La forza delle donne racconta i problemi di conflitti e migrazioni attraverso la diversità di genere delle sue protagoniste.

Donne di tutti gli strati sociali, di religioni diverse, di etnie diverse accomunate dalle difficoltà quotidiane, dalla gestione delle famiglie, da responsabilità sempre più gravose. Il rapporto con i figli in una società dove l’uomo è dominante ma in tempi di guerra diventa l’anello debole.
Come si convive con la fame, la perdita di tutto ciò che si ha, con le bombe, con la necessità di lasciare la propria casa e la propria terra. Quale futuro si cerca.
Donne musulmane, yazide, cristiane, siriane rispondo a queste domande. A fare loro da cornice Rima Karaki, libanese, giornalista anche lei, cresciuta a Beirut. In Libano si sono rifugiati palestinesi, siriani e convivono più religioni. Lei va in onda senza velo ed è diventata famosa per aver tolto la linea in diretta ad uno sceicco che non rispettava la parità di genere.

Fra i punti di forza di questo lavoro il confronto generazionale fra i suoi due autori: Laura Aprati, giornalista e autrice televisiva con una lunga storia alle spalle; e Marco Bova, giovanissimo e brillante regista.

I protagonisti del documentario
RIMA KARAKI, giornalista
OMAR NASHABE, dottore di ricerca in criminal justice, giornalista
TERRY DUTTO coordinatore progetti FOCSIV Erbil
SUOR ANTOINETTE ASSAF, Direttore Sviluppo Missione delle Suore del Buon Pastore in Libano
SAMAR  ABOU ASSALY, assistente sociale
AISSA AZIZ, siriana di Hama, 50 anni, da 6 anni nella Valle della Beqà
MERNA RAAD, da Qaraqosh, segretaria di Focsiv Erbil
MAMMA DI MOSUL, circa 35 anni, vedova con 2 bambini
NAWAL, mamma libanese del corso di cioccolateria di Punto Missione Beirut
SHAME’, donna yazida di 60 anni di Senune nel Sinjar

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