Giustizia per i beagle di Green Hill, l’allevamento di cani destinati alla sperimentazione scientifica che ha chiuso i battenti nell’estate del 2012. I responsabili della struttura sono stati condannati per maltrattamenti. La prima sezione penale del tribunale di Brescia ha emesso la sentenza che ha condannato ad un anno e sei mesi Ghislane Rondot, co-gestore di Green Hill 2001 della Marshall Bioresources e della Marshall Farms Group e Renzo Graziosi, il veterinario; per il direttore Roberto Bravi la condanna di un anno e Bernard Gotti, l’altro gestore dell’allevamento è stato assolto.
Il tutto ebbe inizio nel 2012 a seguito di un esposto per maltrattamenti effettuato da Legambiente alla Procura di Brescia. Quella stessa estate la Procura aveva ordinato sia il sequestro della struttura sia di tutti i cani che si trovavano al suo interno. Gli animali venivano maltrattati, erano considerati cavie da laboratorio e, se uno di loro si ammalava non veniva curato in quanto la terapia antibiotica poteva influire sui risultati. In molti sono stati destinati alla morte solo ed esclusivamente per essersi magari influenzati. L’intera Italia si mobilitò a favore dei beagle firmando petizioni, scavalcando recinzioni e denunciando nella speranza di salvare gli sfortunati cuccioli rinchiusi in Green Hill e molti altri. I cagnolini furono prelevati da Legambiente e dalla Lav e furono tutti adottati.
In questo specifico caso, il tribunale ha disposto un risarcimento di trentamila euro per la Lav disponendo anche il divieto per i condannati di allevare cani per i prossimi due anni.
“Una sentenza storica che segna una straordinaria vittoria per gli animali. Il 23 gennaio sarà la Giornata della Memoria dell’animalismo”: queste le parole con cui la presidente nazionale dell’Enpa, Carla Rocchi. “I beagle, confiscati, resteranno felici nelle abitazioni degli adottanti e non conosceranno più le gabbie dei laboratori. Con la sentenza di oggi – aggiunge Rocchi – si chiude la triste stagione degli allevamenti dei beagle da laboratorio”.