La finanza creativa ha generato depressione. La creatività può invece diventare generativa se si dà spazio ai giovani, se si ripensano lavoro e formazione. Per gli esperti del lavoro, della formazione e dell’associazionismo, cambiare punto di vista, impegnarsi per mettersi in gioco di persona ma anche nella sfera collettiva sono le chiavi per scardinare l’incertezza depressiva degli ultimi anni.
La creatività è un’opportunità per scardinare l’incertezza diffusa che genera ansia, depressione e immobilismo. A patto però che non si tratti di una creatività modaiola e strumentale, un rifiuto delle regole come è successo con la finanza creativa. Deve essere invece un cambio di prospettiva, capacità di mettersi in gioco e in relazione con gli altri in una dimensione valoriale. Sono concordi i tre esperti del mondo del lavoro, della formazione e dell’associazionismo che si sono confrontati oggi a EDUCA in una sala gremita soprattutto da giovani e ragazzi.
Giuseppe Scaratti psicologo e professore della Facoltà di economia dell’Università Cattolica di Milano ha approfondito il tema della creatività e dell’incertezza riferendolo in particolare al contesto lavorativo. “L’incertezza – ha affermato Scaratti – irrompe nel mondo del lavoro perché cambiano i luoghi, i contenuti, i saperi richiesti e i tipi di contratto. Senza contare poi quando il lavoro non si trova. Tutto questo ha ricadute sui progetti di vita a partire dalle capacità di essere autosufficienti. Affrontare questa incertezza non è facile sia perché le culture organizzative sono ancora ferme al vecchio capitalismo, sia perché i singoli non hanno cambiato l’approccio culturale al lavoro. La creatività è una delle chiavi possibili purché non sia atteggiamento inquieto e nevrotico rispetto alle regole, ma cambiamento della visione, adozione di nuove prospettive”. La creatività – per Scaratti – e’ una sfida, una passione da coltivare: servono individui impegnati capaci di assumersi responsabilità e di pensare l’incompiuto: “in questo modo il lavoro è spazio dove costruire processi emancipativi per sé stessi e per gli altri”.
Secondo Giulio Carpi direttore dell’Istituto europeo della creatività, nella vita di oggi – cambiamento e incertezza – sono dati permanenti: “è la tranquillità a non essere naturale. C’è da chiedersi se scuola, gli insegnanti e, più in generale, gli adulti siano pronti”. Occorre, secondo Carpi, proporre sfide all’altezza del codice cognitivo e culturale dei ragazzi: “la scuola non può limitarsi a trasferire informazioni e cognizioni – che i ragazzi comunque trovano su internet – ma deve insegnare come si impara, come si sta in gruppo, attivare processi creativi nelle relazioni; cose quest’ultime che non si possono invece apprendere a distanza”.
L’educazione – ha concluso Carpi – non deve essere costrittiva, ma deve permettere di sprigionare la bellezza di ciascuno. Michele Curto dell’associazione Libera ha presentato esperienze concrete realizzate da giovani che dimostrano come, nella costruzione di cittadinanza, l’incertezza si possa scardinare attraverso la creatività. “Noi trentenni – ha raccontato Curto – siamo nati nell’incertezza: viviamo la precarietà che credevamo flessibilità e opportunità. Siamo stati educati come consumatori prima che come lavoratori; ci è stato raccontato che la produzione è derivare attraverso la finanza denaro dal denaro. Non ci è stata data invece la possibilità di sognare ed essere centrali nel nostro tempo e costruire il futuro a partire dal presente. Tutti invocano un cambiamento ma nessuno riconosce ai giovani di animarlo. I giovani oggi sono la periferia delle società, delle democrazie” Dalla volontà di cambiare questo stato di cose sono nate esperienze come il “Treno della Memoria di Terre del fuoco” (Associazione di ambito nazionale) e l’attività di sensibilizzazione antimafia dell’altra associazione chiamata “Libera”. O ancora il lavoro nelle periferie torinesi.
Tutte esperienze che ha detto Curto servono a creare comunità democratiche, orizzontali, circolari, responsabili.