Altrove: un disco che esplode di colori e di vita

Ashai Lombardo Arop, in arte ALTROVE. La conosciamo bene ormai che con questo singolo title track del suo primo album ufficiale ha fatto un gran bel rumore nelle radio. La critica spende sempre parole di emancipazione e consapevolezza che dentro un disco come “Tossica Animica” significa anche ricerca di suono a deformare le normali soluzioni del pop italiano. Voce che narra anche da un punto di vista teatrale viste le sue radici artistiche, voce che narra dentro spoken words e a contorno di lunghe tessiture sonore che, in prima battuta, sembrano non avere troppe regole ricorsive da soddisfare. Un disco libero. Il che significa pieno di vita.

Bel moniker. Che significhi anche emancipazione?
Beh in senso stretto decisamente! Se emanciparsi viene dal concetto di estinguere la patria potestà… il mio viaggio verso Altrove inizia proprio dalla necessità di trovare un luogo alternativo ad una patria (l’Africa) ed una matria (l’Italia) che in gioventù mi hanno causato più dolori che gioie. Ma non era possibile trovarlo nel rifiuto. Altrove è arrivato nel momento in cui sono riuscita ad integrare quelle due parti e tutte le parti di me, seppur contrastanti e controverse. L’emancipazione ha più a che fare con l’accogliere che con il respingere, così come la libertà.

Altrove… dove?
Altrimenti ove?… Altrove sta alla prima uscita est dopo Khirghisia, poco prima dello svincolo per il Metaverso. Là dove finiscono i confini. La riconoscete quando ci arrivate perché non è delimitata da un muro di cemento ricoperto di filo spinato per trafiggere i corpi di chi cerca di entrare, anzi c’è un cartello all’ingresso con una sola parola che però ogni persona magicamente può leggere nella sua lingua: benvenue, welcome, willkommen, karibu… Il passaggio per Altrove è libero perché gli indesiderati Altrove non la possono proprio trovare, non c’è su Google… e anche chi la trova a volte se la perde non è che ti danno la cittadinanza e allora hai il diritto vita natural durante di un posto ad Altrove, non funziona così… dipende da te ogni momento trovarla o perderla.
Altrove è uno stato mentale.

Tante forme diverse in queste canzoni che significano anche tante diversità in questa vita?
Sì. Sono nata in una situazione che non aveva nulla di ordinario. Mia madre è una persona non convenzionale per usare un eufemismo, mio padre per l’occidente era una alieno, io ero diversa da tutte le mie coetanee e quindi credo che fin da piccola non c’è stato modo di evitare di cercare comfort nella molteplicità e nella diversità. Credo che questo abbia influenzato tutto ciò che ho fatto, dalla difficoltà di scegliere una facoltà universitaria… le volevo fare tutte… all’impossibilità di dividere la mia arte in generi o compartimenti stagni.

Sotto questa luce, è un disco che parla di accettazione? Che sia un manifesto politico se vuoi?
In questo periodo sento fortemente la necessità di trovare un’alternativa all’espressione “politica”, un neologismo che interpreti il profondo cambiamento che l’applicazione del concetto di politica ha avuto in questa epoca e come non sia più l’ombra di ciò che era quando è stato creato. Se come ‘manifesto politico’ si intende una critica ed una volontà di mettersi a servizio e usare i propri mezzi per riportare un desiderio di equilibrio e giustizia nel proprio ambiente e ambiziosamente nel mondo, dico sì, il mio lavoro aspira a questo… come tutta l’arte dovrebbe… ma senza schieramenti, in un periodo storico in cui a mio avviso è difficile schierarsi perché non ci sono parti che utilizzano la politica per gli scopi per cui dovrebbe essere utilizzata. Allora ciò che potrebbe aiutarci sarebbe trovare il modo di generare una trasformazione alla radice della coscienza umana e ricostruire il concetto di popolo, cultura, diritto umano pezzetto a pezzetto.

Dopo aver fatto questo disco, come ti sei sentita? Liberata o in rivoluzione?
Se la libertà esiste solo nel suo divenire, come credo che sia, non può esistere libertà senza rivoluzione.

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