Parliamo del nuovo disco dei Vorianova, disco di tempi moderni, “Tempi scueti” come dice il titolo. Il suono digitale che incontra memoria di un dialetto quasi perduto e tradizione di un modo ormai antico. La canzone popolare diviene pop, il pop si affaccia a nuove abitudini… restituire un suono che possa dialogare anche con le nuove generazioni senza però snaturarsi o divenire altro. È un connubio difficile, una sfida non impossibile, un disco che sfoggia tanto mestiere…
L’elettronica gioca un ruolo preponderante… come ci avete lavorato?
Il suono di Tempi scueti passa dalle mani e dal lavoro artigiano di Leonardo Bruno, music producer che ha curato arrangiamenti e produzione artistica di questo lavoro discografico. Ed è un suono moderno, esoterico, dalle tessiture elettroniche, dove innovazione, creatività e sperimentazione si muovono in un orizzonte ibrido che mescola elementi della musica alternative, hip-hop, elettronica e rock. Con Leonardo è nata da subito un’intesa profonda, un’alchimia creativa che ci ha sorpresi fin dal primo istante. Messi da parte i preconcetti, ci siamo immersi in un percorso musicale nuovo, setacciando i meandri dell’elettronica più sperimentale. I primi battiti ritmici, timidi e promettenti, sono stati il punto di partenza di un viaggio affascinante e coinvolgente. Abbiamo voluto assemblare sonorità disparate, intrecciando il suono antico degli archi con ritmiche serrate e articolate. Un contrasto che, lungi dall’essere stonato, ha generato una sinergia inaspettata, dove il passato dialoga con il presente in modo sorprendente. La voce, con le sue antiche assonanze dialettali, è diventata il fulcro attorno al quale si sono articolate le nostre sperimentazioni. Un omaggio alle radici, ma anche un invito a guardare oltre, a esplorare nuovi orizzonti linguistici. Leonardo è un musicista visionario, capace di coniugare tradizione e innovazione con una naturalezza disarmante. In questo album, abbiamo voluto celebrare la libertà espressiva, l’importanza del gioco e della sperimentazione.
E di analogico, di acustico… di tradizionale anche… cosa c’è?
C’è tanto pianoforte, ci sono le chitarre elettriche e c’è un quartetto d’archi, strumenti che rappresentano il collante tra la tradizione e la sperimentazione, strumenti che lasciano un’impronta di umanità in così tanta elettronica. D’altra parte è il futuro che ci aspetta, un futuro che stiamo già assaporando oggi, dove uomini e macchine convivono sperimentando un dialogo creativo e sorprendente.
Restando sul tema: avete anche fatto un qualche tipo di ricerca sul suono?
Sì, assieme a Leonardo abbiamo condotto una ricerca sulla manipolazione sonora in cui, come artigiani, abbiamo scolpito i suoni modellandoli come uniche espressioni della nostra identità. La consapevolezza nell’uso del digitale e della manipolazione ci ha permesso infatti di modulare il messaggio che il suono voleva comunicare, adattandolo di volta in volta alle diverse esigenze espressive dei brani.
Parlando in termini antropologici… il lavoro dei Vorianova che momento storico fotografa di questa terra di confine così complessa e meravigliosa?
“Tempi scueti” è un disco che, come un grido lacerante, denuncia le storture del nostro tempo. Un’opera che non si limita a descrivere la realtà, ma la interroga, la mette a nudo, la giudica. Lo Stato Italiano in questo momento vive uno dei suoi anni più bui, è incapace di vedere e di ammettere le diversità come oggetto di valore e valorizzazione, uno Stato che sotto una contorta idea di patria snobba e denigra le differenze regionali, culturali e sociali. Il nostro vuole essere un disco di restanza; è alle nuove generazioni che rivolgiamo il nostro appello alla resilienza, è un atto d’amore verso i nostri territori spopolati e abbandonati, è una dedica a chi ha lottato per sradicare gli atteggiamenti mafiosi che ancora oggi sporcano, è un atto rivoluzionario per far capire che la diversità è ricchezza, che non esistono barriere e confini, per comprendere sempre di più la propria responsabilità verso la società di cui si fa parte. La nostra musica vuole farsi veicolo di questi messaggi.
Pensando alla scena musicale che abbiamo attorno: secondo voi che posto pretende e merita un disco simile? A chi sta parlando?
Se da un alto la scena musicale contemporanea, post-sanremese, sembra voler celebrare un ritorno al cantautorato, quello più genuino e autentico, dall’altro assistiamo al continuo imperversare di industrie musicali e case discografiche assetate di profitti che puntano su artisti molto simili tra loro che confezionano brani con una assurda omologazione stilistica che non premia quindi l’originalità ma la conformità. Noi pensiamo di far parte di quegli artisti che resistono e che lottano perché hanno ancora qualcosa di nuovo da far ascoltare, che hanno dei messaggi importanti da lanciare, ma che faticano a trovare spazi per esprimersi. Vogliamo rivolgerci ad un pubblico giovane, affinché possa rifiutare la mediocrità e capire il valore della qualità, dello studio, della conoscenza, che combatta contro l’ignoranza e la prevaricazione.