Con gratitudine, mi appresto a intraprendere con voi un viaggio fatto di ricordi, passioni e aspirazioni realizzate. Un sentito ringraziamento alla redazione di Oltre le Colonne per avermi dato l’opportunità di raccontare la parte più importante del mio passato. Quasi vent’anni fa, lontano dall’Italia, è iniziato il mio percorso che mi ha spinta a oltrepassare confini geografici e spirituali, sfidandomi continuamente e permettendomi di crescere, proprio come la musica: sempre viva, sempre in grado di trasformarsi. Già allora ero affascinata dalle lingue, dai generi musicali diversi e dalla ricchezza culturale che il mondo aveva da offrire. Lasciare la mia bella vita accanto alla mia anima gemella francese, conosciuta in Spagna — la mia isola, le radici, i volti familiari e le serate di concerti — è stato un sacrificio immenso, ma necessario per inseguire un sogno più grande.
L’incontro speciale a Barcellona
L’incontro speciale a Barcellona fu uno di quei momenti che sembrano scritti nel destino. In un contesto tanto inaspettato quanto straordinario, a bordo di una nave privata, dove avevo il privilegio di cantare per un gruppo ristretto di passeggeri, la musica divenne il filo conduttore che mi avrebbe legato per sempre a quello di una sconosciuta. Tra le note che si diffondevano nell’aria, una passeggera si avvicinò, attirata non solo dalle melodie in francese, ma anche dalla mia stessa presenza. Il suo sguardo magnetico tradiva un’intesa spontanea, e in poche parole capii che tra noi esisteva qualcosa. Veniva dal freddo Nord Europa e il suo francese era molto fluido. Eravamo due mondi apparentemente opposti: io, una giovane artista in cerca di certezze, ancora acerba e curiosa, come si dice in Spagna, “verde”; lei, raffinata e sicura di sé. Tuttavia, quella serata segnò l’avvio di un legame che sarebbe andato oltre la casualità, lasciandomi la sensazione che il Cammino avesse iniziato a manifestarsi anche nei luoghi e nelle persone che non mi aspettavo.
Santiago: un invito inatteso
Dopo tre settimane trascorse in mare, arrivò una proposta che mai avrei immaginato: accompagnarla lungo il Cammino Francese, fino in Galizia. Quell’impresa rappresentava il sogno della sua infanzia, che non era solo fisico, ma anche radicato nelle sue origini francesi. L’idea di seguire un sentiero così antico, carico di misticismo e di significato, mi sbalordiva, pur non avendoci mai pensato prima. Era come se una voce interiore, più forte della mia razionalità, mi spingesse a dire di sì, inaugurando quel nuovo itinerario.
Le prime tappe del cammino
Già dalla prima tappa, passando per i Pirenei, i campi dorati della Meseta e i boschi magici della Galizia, capii che quei quasi 800 chilometri mi avrebbero lasciato una cicatrice indelebile. Ricordo chiaramente il disorientamento e l’inquietudine che s’insinuava al pensiero di una meta ancora da capire. La partenza da Saint-Jean-Pied-de-Port era stata quasi spensierata: la giovinezza mi faceva credere che tutto fosse alla mia portata, che la fatica fosse solo un dettaglio da superare con leggerezza. Ma presto quella realtà si fece sentire. Lo zaino, pur non essendo particolarmente pesante, dava l’impressione di crescere di peso ogni giorno. Il cammino rivelava la sua durezza: incontri inaspettati con animali selvatici, distanze che sembravano interminabili, dolori fisici che non accennavano a fermarsi, il capriccio del meteo e sentieri che cambiavano in continuazione, come se il percorso stesso volesse metterci alla prova. Ogni aspetto, dal sudore che colava lungo la schiena all’odore sgradevole, divenne parte di me, come un’esperienza totale che non poteva essere evitata, ma solo vissuta. Anche così, con lei accanto, tutto risultava più sopportabile. Il suo sorriso contagioso alleggeriva il peso della fatica, e ogni traguardo si trasformava in una piccola vittoria da festeggiare insieme. Senza la tecnologia moderna, che allora non esisteva, quel pellegrinaggio era autentico, puro, privo di filtri. Quotidianamente, si manifestava come un dialogo visivo con la natura, un abbandono meditativo al flusso del presente, dove ogni suono diventava un dono prezioso, un frammento di eternità e consapevolezza.
La magia del Cammino
Il Cammino è, prima di tutto, un viaggio di comunità: lungo il percorso si incrociano persone provenienti da ogni angolo del mondo, ciascuna con una storia vera. La solidarietà tra pellegrini diventa palpabile, insegnando il valore dell’aiuto reciproco, dell’ascolto sincero e della condivisione senza aspettative. Nonostante provenissimo da realtà distinte, eravamo tutti diretti verso la stessa meta: la città di Santiago de Compostela. Il ritmo lento del pellegrinaggio mi insegnò a riconoscere i segnali del corpo e della mente, a trovare bellezza in ogni situazione, a vivere con poco e ad apprezzare la comunicazione silenziosa, fatta di gesti e sguardi. Prestare attenzione ai dettagli diventò una seconda natura: il profumo del pane appena sfornato, l’armonia dei paesaggi e l’arte che si svelava negli angoli più inaspettati. Ogni passo era un legame intenso con il respiro, con la terra sotto i piedi e con i profumi intensi della cucina locale, che ci offriva ristoro e conforto. Ma ciò che rimase più impresso nel cuore fu il conoscere le tradizioni della gente del posto. I loro volti solcati dal tempo raccontavano leggende di accoglienza e generosità. Quegli abbracci brevi, uno sguardo sincero, una parola gentile o un semplice aneddoto creavano una fratellanza invisibile tra noi pellegrini, capace di superare ogni barriera linguistica e culturale.
La fine del cammino e la trasformazione interiore
Il Cammino francese non è semplicemente un percorso attraverso la Spagna, ma una soglia che conduce a un mondo parallelo, una dimensione capace di risvegliare e rigenerare l’anima. Lontana dalla Sicilia, scoprivo una chiarezza inaspettata: quella strada diventava una lente che metteva a fuoco le sfumature più intime della mia essenza. Mi sorprendevo di fronte a risorse interiori che ignoravo di possedere, riscoprendo una forza nascosta e una rinnovata meraviglia per le cose più semplici. Ogni dettaglio assumeva un significato nuovo: l’incanto di un fiore che si apriva al mattino, il cielo stellato che mi avvolgeva come una carezza, il calore struggente di un tramonto che infiammava la terra di oro e rosso, o l’incessante mutare dei colori del cielo, che alla sera sembravano esprimere una nuova parte di me. Durante le pause, spesso cantavo. In quel vuoto rarefatto e vibrante, la musica era un ponte tra il presente, il passato e l’incertezza del futuro. Cantare in quell’atmosfera era come un rituale, un atto di energia pura, che mi permetteva di lasciare andare le vecchie certezze e accogliere l’incertezza come una nuova forma di libertà.
Alla fine del mondo: il cammino verso Finisterre
Quando finalmente arrivai a Santiago dopo 38 giorni di cammino, con i piedi gonfi, il corpo indolenzito e lo zaino che ormai non conteneva solo oggetti, provai una sensazione di completa realizzazione. La mia amica, divenuta parte integrante di quel viaggio, noleggiò un’auto per proseguire verso Finisterre. Lì, di fronte all’immensità dell’oceano, provai una gratitudine che non si può esprimere a parole. Le acque fredde sembravano avere il potere di purificarmi, di unirmi all’infinito, sciacquando via le imperfezioni e lasciandomi solo un sentimento: la gioia di essere viva e di poter assaporare ogni singolo istante nel presente. Durante la pandemia, mi sentii ispirata a scrivere un libro: Il Cammino di Santiago (a modo mio). Un’opera che non racconta solo il viaggio fisico, ma una vera e propria università sotto il cielo, vissuta a 360 gradi. Scritta inizialmente in spagnolo, è stata poi tradotta in italiano e francese, e custodisce l’essenza della mia storia personale. Ogni volta che qualcuno legge quelle pagine, il Cammino si rinnova, si rivive, si moltiplica. Ti auguro che, come è successo a me, queste parole abbiano la forza di spingerti verso quel luogo dentro di te, dove ciò che sembra impossibile può trasformarsi in felicità, dove ogni fase ti avvicina a una versione di te stesso che, fino a quel momento, non conoscevi.