Marco Villan ci racconta la sua “5 di mattina”

E presente su tutte le piattaforme digitali il brano d’esordio di Marco Villan “5 di mattina”, presentato in anteprima dal vivo sul palco del Festival ProSceniUm di Assisi.

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 5 di mattina” prende ispirazione da una foto simbolo, divenuta virale, del fotografo Osman Sagirli scattata nel campo profughi di Atmeh. Lo scatto ritrae l’immagine di una bambina siriana la quale scambia l’obiettivo della macchina fotografica per un’arma, alzando le mani, come segno di resa, al suo destino.

Parliamone direttamente con l’Artista:

“5 di mattina” è il tuo singolo di esordio, ce ne vuoi parlare?

È un inno alla libertà. Sotto ogni forma. Ognuno di noi è “soldato di libertà”. Un messaggio sociale che deve arrivare diretto e deve far riflettere sulla ricerca personale della solidarietà umana. Viviamo in un mondo in cui il potere, la maggior parte delle volte, è indice di sopraffazione sui più deboli. “ – continua il cantautore – “Cinque di mattina vuole essere portatrice di messaggi positivi di fratellanza e al tempo stesso un’arma di denuncia contro le ingiustizie che ci allontanano ogni giorno dalla realtà dell’essenza delle cose“.

Per la copertina hai scelto un celebre scatto di Osman Sagirli, ci vuoi spiegare cosa ti ha spinto a fare questa scelta?

Ho avuto l’esigenza di scrivere “Cinque di mattina” quando, nel 2016 passava ripetutamente un’immagine forte: la bambina siriana (utilizzata poi per l’immagine di copertina del singolo) come immagine simbolo dei conflitti del tempo. Mi sono soffermato su quegli occhi ed il ritornello è venuto da sé. Per le strofe, ho preso in mano la chitarra ed ho osservato in tarda notte i tetti delle case di Roma… alcuni edifici altissimi! La bramosia di potere dei potenti che opprime i precetti morali. Da lì è partito il mio viaggio interiore musicale ed ho pensato: come si tiene a bada il desiderio di potere, di conflitto, di violenza dell’individuo? Con i valori di solidarietà, con l’amore che avevo avvertito fortissimo negli occhi della bambina, rubati attraverso la foto, ed ho cercato solo di convertire in musica “il poter andare in un luogo dove non fosse necessario difendersi”.

Quanto la tematica di questo brano la senti vicino a te?

Combatto, nel mio piccolo, le ingiustizie quotidiane. Riesco, da subito, ad entrare in empatia con le persone e l’argomento della mia canzone vorrei non fosse confinato ad una categoria definita di soggetti (immigrati, emarginati, persone deboli). Gli abusi, i soprusi vanno denunciate sotto qualsiasi forma. E la mia arma a disposizione in quel momento era ed è la musica.

Hai presentato il brano in anteprima sul palco del Festival ProSceniUm di Assisi, com’è stato cantarlo dal vivo?

Dopo questa terribile pandemia non mi capitava di salire su un palco da anni. È stata una emozione fortissima vedere davanti a me un teatro gremito di persone ed al 100% della capienza. Oltre alla sensazione di liberazione di poter cantare un mio brano accompagnato da un’orchestra di 35 elementi l’entusiasmo di poter finalmente condividere tutto ciò è stato favoloso!

Nel tuo brano hanno partecipato alla realizzazione molti musicisti noti del panorama nazionale musicale, raccontaci come è andata.

I musicisti sono stati tutti partecipativi e collaborativi con me. Sono stato fortunato a trovare persone con il loro talento hanno dato sicuramente un valore aggiunto alla mia canzone.

Cosa ci dobbiamo aspettare nel futuro artistico di Marco Villan?

L’augurio che mi faccio è quello di arrivare a tutti in maniera autentica con la mia musica, rimanendo sempre me stesso, con la mia semplicità ed i miei sentimenti più veri.

Vorrei che ogni mia canzone evocasse delle immagini, dei sentimenti, la rappresentazione di una parte di realtà che ho vissuto e che, come me, spero poter far rivivere ad altre persone.

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