Con il nuovo singolo “Non vieni mai”, Laleza affronta senza filtri un tema delicato come l’anorgasmia, scegliendo l’ironia come strumento per abbattere i tabù e avvicinare le persone a una comunicazione più libera e consapevole. Cantautrice e medico, Laleza porta nella sua musica una sensibilità unica verso la salute mentale, trattando con leggerezza apparente argomenti che spesso rimangono nascosti.
Nel brano emerge anche uno sguardo amaro sulla generazione attuale, descritta come anestetizzata e sopraffatta da un mondo che pretende sempre performance e perfezione. Dopo aver scritto per grandi nomi come J-AX e Donatella Rettore, Laleza continua a coltivare parallelamente la sua carriera da autrice e il suo progetto personale, dove riesce a dare voce alle parti più autentiche e intime di sé.
Dall’esperienza nei mercati musicali francese e asiatico alla voglia di rompere schemi e convenzioni, Laleza costruisce un percorso che unisce profondità e leggerezza, consapevolezza e provocazione. Con “Non vieni mai” invita ad abbassare le difese, a riconoscersi nelle fragilità e a riscoprire il valore della comunicazione sincera.
Abbiamo intervistato Laleza per scoprire da vicino il mondo che anima il suo nuovo singolo.
Il tuo nuovo singolo, “NON VIENI MAI”, esplora un tema molto delicato come l’anorgasmia. Cosa ti ha spinto a trattarlo in modo così diretto e sarcastico?
Nella vita oltre ad essere una songwriter sono anche un medico e come tale sono molto interessata ad alcune tematiche, soprattutto alla salute mentale, di cui spesso parlo nelle mie canzoni. Ho scelto l’ironia per farlo perché è la chiave per accedere ad argomenti talvolta percepiti come scomodi, di cui si fa fatica a parlare. Se in una canzone senti dire “Non vengo mai” forse è più facile rispondere “Ah, anche io”. Le cause dell’anorgasmia possono essere veramente moltissime, ma vorrei passasse il messaggio che non è cool riuscire a venire sempre, ma riuscire a dire che non ci riusciamo, e chiedere aiuto quando lo percepiamo come un disagio.
Nel brano parli di una generazione che si sente apatica e “anestetizzata”. Quanto pensi che questa realtà rifletta la società odierna, e come ti rapporti a questo aspetto nella tua vita personale?
Moltissimo, e lo vivo anche sulla mia pelle. La nostra generazione si sente stanca ancora prima di iniziare a vivere. Il mondo esalta l’essere sempre performanti e non fallire mai, ma questo ci terrorizza e ci anestetizza ancora prima di provare a farcela, come meccanismo di difesa. Tutto è iperconnesso e veloce e sempre meno sentito. Il risultato è che ci stiamo allontanando anche da noi stessi.
Hai scritto per artisti di spicco come J-AX e Donatella Rettore, ma ora sei completamente concentrata sul tuo progetto solista. Come si è evoluto il tuo approccio alla musica da quando hai iniziato come autrice per altri?
In realtà continuo a portare avanti le due cose. Scrivere per altri per me è diventato un lavoro che amo e che mi viene naturale. Nella mia musica accedo ad una parte di me così personale da non poter calzare su altri artisti: parlo di anorgasmia, di podofobia, di casse da morto. Ecco, non farei mai dire tutto ciò a qualcun altro, questi sono svarioni solo miei! Insomma gli altri li vesto, mentre per farlo per me denudo la mia psiche.
Il tuo stile musicale e la tua visione sono stati influenzati da esperienze uniche come quelle nel mercato musicale francese e asiatico. Che differenze hai notato nelle sonorità e nelle tematiche tra i vari mercati con cui hai collaborato?
In Francia non ci sono molte differenze. In Asia la musica è vissuta come culto in cui gli artisti sono divinità ma c’è un forte interesse anche per tutte le figure che sono dietro all’artista. E’ vissuto tutto come un feticcio. Inoltre non hanno paura di osare, in Italia a volte sembriamo bloccati da alcuni canoni, tra il bisogno di piacere e la paura di sembrare ridicoli. Mi diverte moltissimo scrivere per l’Asia, mi sento molto più libera.
“NON VIENI MAI” sembra quasi un inno a chi si sente stanco, disilluso. Come speri che il pubblico reagisca alla canzone? Qual è il tuo desiderio più grande riguardo la sua ricezione?
Spero che le persone ridano, anche amaro, ma che si riconoscano. Che si normalizzasse l’idea per cui l’attività sessuale non può essere ridotta solo al raggiungimento dell’orgasmo, ma che se non raggiungerlo causa disagio e frustrazione, è bello chiedere aiuto. Che la comunicazione è afrodisiaca e necessaria. Ragazzi, non siete soli, abbassate il finestrino e urlate al mondo “Non vengo mai”. Vi renderete conto di essere meno soli di quanto immaginiate.