«Scrollando il mondo da lontano, senza un vero scopo». C’è chi passa le giornate così: scrollando vite che non gli appartengono, rimandando tutto a domani, con la sensazione di essere fermo mentre il resto va avanti. È così che ci si sente quando si guarda la vita scorrere da uno schermo, senza parteciparvi davvero. Uno stato d’animo sempre più diffuso, lo specchio in cui si riflette una generazione intera, iperconnessa eppure scollegata da se stessa. Ed è da qui che parte “Fuori dal mondo” (Mendaki Publishing/Orangle Records), il nuovo singolo di Acudo: una canzone che racconta cosa succede quando ti perdi dentro i giorni, e ogni cosa intorno sembra andare avanti senza di te. E quella forza che, quando arriva, non ti chiede nulla: ti prende e ti rimette in piedi.
L’artista senza volto, nato a Latina e cresciuto musicalmente tra le influenze di Subsonica, Linkin Park, Modà e Pinguini Tattici Nucleari, torna con un brano che non descrive soltanto la fatica di restare a galla, ma suggerisce, senza retorica, che un’alternativa è possibile, lasciando intravedere una via d’uscita. “Fuori dal mondo” attraversa il punto tra isolamento e salvezza, tra una quotidianità vissuta da osservatori esterni e il momento, inatteso, in cui qualcosa o qualcuno ci riporta con i piedi per terra.
«Mi sentivo in pausa. Bloccato. Come se tutto scorresse troppo in fretta e io fossi rimasto indietro – racconta Acudo -. Questa canzone nasce da lì, da quel vuoto. Poi è arrivata una forza, non so bene cosa fosse, forse una persona, forse solo un momento giusto, ma mi ha svegliato. E mi ha ricordato che anche quando ti senti fuori dal mondo, puoi ancora rientrarci.»
Il brano segue questo stesso movimento: parte piano, trattenuto, come chi non sa se ripartire o restare dov’è. Poi si apre. E lì cambia tutto. Il ritornello — «E poi arrivi tu che mi svegli dal sonno, forte come una gru, mi sollevi sul mondo» — è la fattura. Il momento che rompe il ritmo, che spezza l’equilibrio e rimette tutto in discussione. Un’immagine che non consola ma spinge. Qualcosa o qualcuno che irrompe e ti rimette in asse, quando meno te lo aspetti. Una visione dirompente che scuote il torpore e restituisce prospettiva.
In un’epoca in cui, secondo i dati ISTAT, quasi un giovane su due in Italia si definisce spesso solo, “Fuori dal mondo” intercetta un’esperienza che molti riconosceranno, senza indulgere in facili consolazioni. Il protagonista del brano si rifugia dietro lo schermo del cellulare, osserva la vita degli altri senza parteciparvi, rinvia le decisioni, resta fermo al “primo step”, eppure, qualcosa cambia. Ed è in quel cambio di passo, in quella fessura di luce, che si gioca il senso del pezzo. Non quando tutto si risolve, ma quando si riapre lo spazio per ripartire.
«Una macchina a diesel con il pieno di benzina», canta Acudo nel primo verso, raccontando con amara ironia la dissonanza tra ciò che siamo e ciò che il mondo ci chiede di essere. Una corsa continua che lascia indietro chi ha bisogno di tempo, di silenzio, di una tregua. Ma anche chi ha solo bisogno di qualcuno che lo guardi davvero.
Con “Fuori dal mondo”, Acudo prosegue la direzione intrapresa con “TRS”, mantenendo la scelta radicale dell’anonimato. Nessun volto, nessuna identità pubblica. Solo musica e parole. Una decisione controcorrente, che oggi appare quasi politica, in un panorama musicale dominato dall’immagine e dalla sovraesposizione. Ma è proprio questa sottrazione a renderlo riconoscibile: una voce che non ha bisogno di apparire per farsi sentire.
“Fuori dal mondo” è un richiamo sottile ma impossibile da ignorare a non abituarsi alla disconnessione da se stessi e dagli altri. A cercare, anche nei giorni più spenti, quella forza che ci solleva. A credere che, anche quando tutto sembra sospeso, qualcosa o qualcuno può ancora catapultarci nella vita vera.
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