Ilca ci racconta il nuovo singolo “Un’altra volta”

Carlo Raso, conosciuto artisticamente come Ilca, è un cantautore milanese nato nel 1992, la cui musica si distingue per un’approfondita riflessione sulle emozioni umane. Dopo una formazione presso un’accademia musicale a Milano con Lalla Francia, Ilca ha affinato il suo stile autentico, portandolo sui palchi dei festival milanesi, inclusi Milano Cantautori. Oltre a scrivere per sé stesso, Ilca ha dato voce a emozioni universali che spesso sfuggono alle parole, influenzato da artisti italiani come Niccolò Fabi e Francesco De Gregori, nonché da leggende internazionali come Damien Rice. Attraverso la sua musica, Ilca costruisce un mondo intimo e riconoscibile, narrando storie personali con una sensibilità unica.

La produzione di Paolo Mazziotti ha dato profondità a “Un’altra volta”. Come avete lavorato insieme per trovare l’equilibrio tra malinconia e apertura melodica?

Con Paolo il lavoro è stato molto naturale. Ci siamo concentrati su come rendere la malinconia del pezzo qualcosa di avvolgente, senza appesantirla. Lui ha unattenzione incredibile ai dettagli e sa sempre come valorizzare le emozioni senza forzarle, e questo ha reso tutto molto fluido. Alla fine, il brano suona esattamente come lo immaginavamo: intenso, ma con uno spiraglio di luce.

Il brano ha un sound minimale ma molto curato nei dettagli. Come hai deciso quali strumenti lasciare e quali togliere nella fase di arrangiamento?

Abbiamo lavorato per sottrazione, scegliendo solo gli strumenti che davano profondità senza appesantire il sound. Volevamo un arrangiamento minimale ma curato nei dettagli, quindi ogni elemento doveva avere un ruolo preciso. Abbiamo bilanciato suoni organici ed elettronici, facendo spazio alle dinamiche e lasciando respirare il brano nei momenti giusti.

Il fischio nello special, invece, è nato in modo molto spontaneo. Stavamo riascoltando il pezzo e Paolo, quasi senza accorgersene, ha iniziato a fischiettarne la melodia. Ci è sembrato subito perfetto, così abbiamo deciso di registrarlo. È stato uno di quei dettagli nati per caso che poi diventano parte integrante del brano.

La tua voce si muove su dinamiche molto contenute ma espressive. Come ti approcci al canto quando devi trasmettere emozioni così sottili?

Quando devo trasmettere emozioni sottili, cerco di restare il più naturale possibile. Essendo emotivo, mi lascio spesso trasportare dalla canzone e cerco di essere in sintonia con ciò che sto cantando. Non penso mai troppo a come cantare, piuttosto cerco di far emergere ogni parola per quello che è, lasciando che le emozioni vengano fuori in modo naturale.

Hai citato una lunga ricerca del suono giusto per il ritornello. Cosa cercavi esattamente? E come hai capito di averlo trovato?

Nel cercare il suono giusto per il ritornello, volevo qualcosa che ricordasse una caduta in uno spazio vuoto, come se tutto andasse giù per un attimo. Abbiamo scelto suoni che potessero amplificare quella sensazione. La scelta dei synth ad esempio è stata fondamentale per dare quel senso di vuoto, utilizzando suoni più morbidi e con una lunga coda di riverbero. Ho capito che l’avevamo trovato quando corrispondeva esattamente alla sensazione di sospensione che volevo restituire con questo pezzo.

Quali sono le influenze musicali che ti hanno guidato, in particolare per questo pezzo?

Per questo pezzo, le influenze musicali sono venute principalmente dalla musica indie e pop. Lindie mi ha dato quella malinconia e intimità che cercavo, mentre la musica pop mi ha permesso di mantenere un equilibrio melodico che fosse coinvolgente e accessibile. Ascoltando di tutto, ho cercato di mescolare questi stili per creare un brano che fosse personale, ma anche che potesse arrivare a chiunque.

Articolo precedenteAndrea Raccagni. Vortice cosmico, a cura di Claudio Spadoni alla Fondazione Sabe per l’arte a Ravenna
Articolo successivoMauro Repetto torna sul palco con “Alla ricerca dell’Uomo Ragno”