Boccuto: una canzone d’autore solida

Si intitola “Il cielo non cade mai” questo primo lavoro del cantautore brianzolo Marco Boccuto che per l’anagrafe discografica si firma solo Boccuto. Un disco che parla di vita e dentro cui si naviga a vista dentro quelle che leggo come “estensioni allegoriche” di una vita reale, quotidiana, misurata a vista con le fragilità che appartengono un po’ a tutti noi. È un disco davvero solido, di una canzone che non cerca e non si svende dentro chissà quale innovazione, anzi… molto classico ma comunque davvero già maturo di personalità

Sono tanti i piani di lettura che trovo dentro queste canzoni. Ma ho come l’impressione che in fondo il tema sia uno soltanto. Come fosse un concept… condivido con te questa riflessione…
Anche io cerco un centro di gravità permanente e mentre sbatto di qua e di là come un flipper scrivo le mie canzoni. Il concept è il coraggio di fluire nell’ordine cronologico delle varie giornate e cercare di stare bene, ovviamente stando molto male.

Il tuo passato con il “Concerto al buio” ha influenzato il modo in cui approcci la scrittura delle parole? C’è una connessione tra il buio sensoriale e la chiarezza del messaggio che cerchi nei tuoi testi e nei suoni?
Non c’è nulla di ricercato ma posso capire che lo sembri. Tra me e il mio produttore Kupo c’è una sfida aperta a chi può essere più Kupo inside.. in realtà io sono convinto che nel buio ci sia grande luminosità: dentro i suoni, dentro le persone.

I tuoi brani sembrano vivere di immagini nitide e suggestive. Come scegli le metafore e le immagini che utilizzi, e cosa deve avere una parola per entrare in una tua canzone?
Devono essere musicali e radiofoniche. Scappo dalle parole troppo complesse per scelta, non vorrei mai essere associato ad artisti di una certa scena che non cito perché farei arrabbiare troppa gente più grande di me

E sempre parlando di parole e del loro suono: la collaborazione con Claudio “Kupo” Cupelli e Giovanni Versari ha influenzato la resa dei tuoi testi in musica? In che modo il lavoro di produzione e mastering contribuisce alla potenza delle parole nel disco?
Ho fatto impazzire Kupo per portare un equilibrio italiano nel mix dove la voce deve uscire molto rispetto alla musica. Kupo avrebbe preferito una voce più bassa in stile musica esterofila. In fin dei conti anche lui ha fatto impazzire me.

E se suonassi solo piano e voce tutto il disco, secondo te avrebbe la stessa forza?
La stessa no, Kupo ha fatto un grande immenso lavoro. Un’altra forza si, di impatto diverso.

Articolo precedenteBiagio Biagini e Gian Luigi Carlone a Letture Improvvise
Articolo successivoEleganza e Stile a Palazzo Novello: uno Shooting del Brand Miriam Tirinzoni come tributo alle nobildonne della famiglia Gonzaga