Presentato a Roma il volume Chiese della periferia romana

Presentato a Roma, nella Sala della Protomoteca di Piazza del Campidoglio, il volume “Chiese della periferia romana” edito da Electa è stato curato da Liberio Andreatta, Marco Petreschi e Nilda Valentin. Il volume, frutto di una ricerca finanziata dall’Università di Roma La Sapienza, vede la collaborazione del Vicariato di Roma e il Dipartimento di Architettura e Progetto DIAP.

 

Il testo raccoglie immagini, disegni e testi critici di tutti i progetti, proposti e realizzati, per la costruzione di complessi parrocchiali nella periferia di Roma, su incarico dell’Ufficio per la Preservazione della Fede e la Provvista di Nuove Chiese del Vicariato di Roma dal 2000 al 2013, dal Grande Giubileo all’Anno Costantiniano. Si tratta di 45 nuove chiese: Santa Maria a Setteville, Natività di Maria, Sant’Alessio, Sant’Alfono Maria de’ Liguori, San Domenico di Guzman, Santa Maria Josefa del Cuore di Gesù, Santa Maria della Presentazione, Santa Maria Addolorata, Santa Maria dell’Orazione, San Giovanni della Croce, San Maurizio Martire, Santa Faustina Kowalska, Dio Padre Misericordioso, San Francesco d’Assisi a Monte Mario, Santa Felicita e Figli Martiri, Sant’Andrea Corsini, Beata Gianna Beretta Molla (C.S.), San Romano Martire, San Francesco di Sales, Santo Volto di Gesù, Santa Margherita Maria Alacoque, Santa Maria Stella dell’Evangelizzazione, San Patrizio, Santa Maria del Rosario ai Martiri Portuensi, Santa Edith Stein, San Massimiliano Kolbe a Via Prenestina, Santa Maria Madre dell’Ospitalità, San Giovanni Battista de La Salle, Santi Elisabetta e Zaccaria, San Gabriele dell’Addolorata, Santa Maria delle Grazie a Casal Boccone, San Pio da Pietrelcina, San Carlo Borromeo, San Corbiniano, San Cirillo Alessandrino, San Tommaso Apostolo, Santa Caterina da Siena, Santa Maria di Loreto, San Raimondo Nonnato, Beata Teresa di Calcutta, Sant’Anna a Morena, San Giovanni Nepomuceno Neumann, San Atanasio, Santa Brigida di Svezia, San Vincenzo de’ Paoli.

 

La Chiesa è il committente artistico più antico in Roma: erede e depositaria di un’antichissima tradizione i cui tasselli si chiamano Bramante, Michelangelo, Raffaello e così via, è chiamata da un lato a perpetuare la capacità di cogliere la bellezza del mondo e raffigurarla nell’arte come via per giungere alla contemplazione del Divino, dall’altro a dare del Popolo di Dio l’immagine che nel tempo matura. Dunque nel processo costruttivo di un nuovo edificio sacro rientrano considerazioni

di carattere teologico, pastorale, culturale e amministrativo.

 

Come sottolinea la nota pastorale della Commissione Episcopale per la Liturgia della CEI “La progettazione di nuove chiese”, l’edificio sacro è “«casa del popolo di Dio», che in essa si raduna per esprimere il suo statuto battesimale, crismale, eucaristico. Il popolo di Dio, in essa, deve trovare in qualche modo rispecchiata la propria identità”. Punto fermo e centrale è che “Progettare una nuova chiesa significa dare spazio adeguato al progetto pastorale e culturale di una comunità religiosa, che si pone a servizio degli uomini presenti sul territorio, per annunciarvi la Parola, celebrare l’eucaristia e testimoniare la carità”.

 

La costruzione di una nuova chiesa nel contesto delle periferie della diocesi di Roma assolve a un duplice scopo, religioso e sociale. Da un lato il nuovo edificio sacro soddisfa la richiesta della locale comunità dei fedeli di avere spazi adeguati per celebrare e vivere la vita di fede, troppo a lungo relegata in spazi di fortuna o in locali provvisoriamente adibiti a chiesa. Dall’altro la costruzione di un nuovo complesso parrocchiale con chiari segni di visibilità porta in una periferia spesso cresciuta in maniera irregolare la presenza di un luogo di aggregazione capace di arginare se non di eliminare i segni di degrado del contesto urbano. Come sottolinea Marco Petreschi, “La Chiesa, più di altri, intervenendo sul territorio si è occupata della gente, la meno abbiente”.

 

Monsignor Liberio Andreatta, Segretario Generale dell’Ufficio per la Preservazione della Fede e la Provvista di Nuove Chiese del Vicariato di Roma spiega: “L’edificio sacro è costruito in mezzo alle abitazioni degli uomini: si viene a porre con esse in un rapporto dialogico che non è mai identità, in quanto verrebbe meno al suo compito. Richiama quindi la zona nella quale viene collocato ma in un certo senso se ne distacca anche grazie all’accortezza e alla sapienza dei progettisti che sono chiamati a connotare anche dall’esterno questo rapporto di inclusione – esclusione con il quartiere attraverso la realizzazione di spazi opportuni e dei simboli cari al cuore di ogni fedele”. I curatori auspicano che il volume possa essere una sorta di “strumento di lavoro” per architetti e liturgisti perché in futuro possano operare con sempre maggiore sinergia nella costruzione di nuove chiese. Sottolinea Marco Petreschi: “Il vero problema per la costruzione di uno spazio sacro dovrebbe essere quello di sapere gestire la forma simbolico-spaziale con l’obiettivo di rivolgerla alla comunità in termini di sacralità liturgico-cristiana. In altri termini la regola liturgica e l’architettura, come pure l’opera artistica, debbono saper coniugare un’unità inscindibile affinché la costruzione sia degna di definirsi domus Dei”.

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