PoST: un libero, fluttuante viaggio urbano

Siamo dentro nevralgiche strade urbane, sospesi, cercando una ragione o probabilmente cercando una negazione alla ragione stessa. Il suono nuovo dei PoST è così: tratti apocalittici dentro smaltate roots inglesi di pop rock liquido e lineare. Si intitola “Ten Little Indies” ed è un ascolto da cadenzare con attenzione e senza la nevrosi di frette moderne…

Italiano o inglese? Perché questa mescolanza? Non pensiate si perda una identità?
Al contrario: il nostro primo album, “Nulla da decidere”, fu scritto tutto in italiano. A qualche lustro di distanza, ci siamo resi conto che in alcune zone del mondo è ancora il più ascoltato del nostro repertorio: abbiamo così scelto di ricordare da dove arriviamo, pur avendo elaborato un’impronta diversa dagli esordi e salutare i nostri amici in Giappone e Sud America.

E in un disco simile che ragionamento è stato quello che ha portato un brano come “Non dirmi che” dentro questo disco?
Il brano tratta di introspezione, come gli altri nove pezzi dell’album. Gli arrangiamenti arrivano da un lavoro recente su un testo di molti anni; conservando l’italiano nella scrittura siamo stati influenzati dal suono della nostra lingua, puntando ad un arrangiamento che la potesse valorizzare.

E visto che la denunciate dentro “More”, voi che rapporto avete con i nuovi mezzi di socializzazione e di informazione?
Li utilizziamo per quello che ci serve nel quotidiano, senza snaturare la nostra biologia: in quanto esseri senzienti, dovremmo già avere le capacità di giudizio e ragionamento su quanto appare sugli schermi. Gli strumenti attuali ci dovrebbero consentire di risparmiare tempo ed energie, siamo noi a doverli conoscere e controllare.

Ha senso parlare di evoluzione pensando a tutto questo? O stiamo involvendo a stati meno intellettivi?
È probabile. L’evoluzione comporta per forza delle “perdite”, mentre una parte si trasforma, un’altra resta com’è. La puoi vedere anche al contrario, parlando di involuzione. Pochi se ne accorgono però, e si preferisce discutere cercando una sola ragione: la propria. Mai come negli ultimi anni le società si sono così tanto polarizzate.

Come dentro a “January”, esiste altra letteratura cinematografica dentro questo disco?
Non intenzionalmente. Il cinema ad oggi ha esplorato quasi tutta l’esistenza umana: è possibile che qualcuno pensi alla scena di un film che l’ha particolarmente colpito, leggendo od ascoltando il verso di una canzone. Questo è il bello di condividere le forme d’arte, c’è una soggettività a volte imprevista. Nel nostro seguito, molti ci hanno spesso riferito di poter vedere i nostri brani come supporto a prodotti visivi: chissà mai che in futuro il richiamo cinematografico aderisca perfettamente ad un’opera nuova.

 

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