Metà anni Novanta. Due studenti universitari pontederesi. Vecchi amici d’infanzia. Anche vicini di casa di una zona residenziale, dove le ragazze escono poco di casa, non vengono mandate fuori per un rigido controllo sessuale delle famiglie.
Il quartiere è quello dell’Oltrera o di fuori del ponte. Lì arrivano solo gli echi del fermento delle grandi città e le mode, le tendenze giungono sempre in ritardo. I giovani della zona aspettano il sabato sera per fare le ore piccole al Boccaccio di Calcinaia.
È la solita vita di provincia: molta noia e poche novità. Ma i due ora hanno altre frequentazioni, sono inseriti nelle comitive del mondo universitario. Ora sono a Populonia alta di notte, dopo aver guidato un’ora e mezzo.
È quasi estate. Siamo a metà giugno. È sabato sera. La macchina è stata parcheggiata in un piccolo spiazzo sterrato. Intorno non c’è nessuno. Neanche un cane o un gatto. I
pochi abitanti di quel piccolo paese storico dormono tutti. Nessuna luce di casa accesa. Il mozzicone della sigaretta accesa da Davide, che fuma nervosamente, nevroticamente. Inoltre la luce dei lampioni con le loro chiazze alogene, il chiarore fievole emanato dalla luna e il mare scuro con il rumore delle onde che si infrangono sulla spiaggia.
Il cielo è terso e stellato. Nessuna nuvola. Neanche un cirrostrato. Il silenzio è scalfito solo dal rumore del mare.
Si mettono a sedere su una panchina e fissano il mare, fissano l’orizzonte, contemplano il cielo che si sposa con il mare.
Davide: “un tempo conoscevo ragazzi e ragazze di Populonia bassa. Le conobbi a quella piccola stazione. Parlammo di tutto. Facemmo anche discorsi seri. Poi i giorni dopo le ritrovai sulla spiaggia. Ma la ragazza che mi piaceva e di cui non ricordo più il nome era fidanzata. Probabilmente non la rivedrò più. Sono passati troppi anni. Neanche riconoscerei quelle persone. Neanche mi riconoscerebbero. È passato troppo tempo. Il tempo cambia tutto. A volte stravolge radicalmente tutto.”
Dario: “se era così importante per te quella ragazza non ti saresti scordato il nome. Stanne certo e tranquillo.”
Davide: “forse a volte sono troppo nostalgico e mi immalinconisco. Forse sono solo un depresso cronico.”
Dario: “Non abbiamo certezza di niente in questa vita. Neanche sappiamo se questa è la vera vita o solo un’illusione necessaria. Neanche siamo certi che la morte sia vera morte, perché potrebbe essere una porta aperta per la vera vita.”
Davide: “la psicologia generale tratta le illusioni ottiche. Ma le illusioni esistenziali? Quante ne abbiamo? E sono così profonde e radicate in noi da condizionarci sempre. Come faremmo senza di loro?”
Dario: “sono necessarie. Non potremmo tirare avanti senza di esse. Ci aiutano a vivere. Il paradosso è che le nostre illusioni esistenziali vengono rinforzate giorno dopo giorno fino a diventare certezze.”
Davide: “A Claudia ci pensi ancora?”
Dario: “È un pensiero ricorrente. Ma ho capito che non è la ragazza della mia vita. Vuole essere libera e divertirsi. Esce sempre con un livornese con i soldi che ha una bella macchina. Le fa regali costosi e le paga ristorante, cinema, gelati, discoteche. Insomma pensa a tutto lui. Lei dice che lo sta prendendo in giro. In realtà ci va a letto e io non so chi prenda in giro chi. Forse a loro modo si prendono in giro entrambi. Forse l’unico a essere preso in giro sono io che sono un amico con cui si confida totalmente, ma sono anche un suo spasimante che non si è mai dichiarato e che soffre moltissimo in silenzio.”
Davide: “mi ci è voluto molto per togliermi della testa Giovanna. Io mi sono dichiarato al contrario di te. Il risultato concreto è che lei mi ha detto no e mi ha evitato da lì in poi. È scomparsa. Non mi voleva più neanche come amico.”
Dario: “forse un giorno rideremo di queste nostre delusioni cocenti.”
Davide: “Il vero dolore è altro, ben altro: un lutto, la povertà, la malattia, la guerra. Però si sta male anche a essere innamorati non corrisposti.”
Dario: “noi siamo i rifiutati, gli scarti. Molti altri nostri coetanei si divertono, si amano, sono felici.”
Davide: “la loro illusione durerà poco. Ci penserà la vita reale a svegliarli.”
Dario: “almeno tu hai avuto delle avventure con altre ragazze e donne.”
Davide: “non invidiarmi. Certe avventure alla fine lasciano solo ricordi sbiaditi e un senso di vuoto.”
Dario: “siamo cresciuti in provincia. Eravamo tutti casa e chiesa da bambini. Il senso di vuoto è dovuto al rimorso. Sono i danni della morale sessuale cattolica. Comunque non so come fai ad andare con quelle ragazze e donne. Io a differenza di te ho una morale. È la morale che mi trattiene, che mi inibisce. Tu non hai una morsle, non dico cattolica, ma almeno una tua morale personale? Non vedi che buona parte del mondo sta andando verso la spiritualità?”
Davide: “non so. A volte me lo chiedo, ma non è importante.”
Dario: “non so se le nostre delusioni siano dovute a orgoglio, amor proprio, gelosia, senso del possesso o moralismo antiquato.”
Davide: “chissà?!?”
Davide spegne la sigaretta nell’asfalto. I due amici si avvicinano alla macchina. È l’ora di ritornare a casa. Lì attendono più di 100 km di strada. La macchina si accende. Partono. Non rivedranno entrambi mai più Populonia in compagnia, né da soli. I due si perderanno di vista. Dario andrà in Brasile a lavorare. Lì sarà pieno di ragazze più giovani, con cui vivrà tante avventure di una notte. Farà la bella vita anche da uomo ormai attempato. Davide e Dario sapranno solo notizie l’uno dell’altro tramite Lele, un amico comune. A volte ci si perde senza ritrovarsi mai più. D’altronde il tempo cambia tutto.