Moostroo: primo disco, prima parte, prima il “Male”

Una dilogia di un concept che si lega in qualche modo (che scopriremo) al dualismo che regna dentro la cultura dei tarocchi. Ecco le basi sulle quali si regge il ritorno in scena dei Moostroo, al secolo Dulco Mazzoleni, Francesco Pontiggia e Igor Malvestiti. Primo di due dischi dal titolo “Male”, lavoro che al rock underground di provincia di quegli anni ’90 deve sicuramente molto… come molto deve anche alla libertà espressiva che tanto esce fuori, senza troppo badare al genere, alle etichette e alle mode… un disco viscoso, ruvido, di grandi nostalgie… e che bella intervista a seguire, e che potere cinematico nel nuovo video che troviamo in rete.

Caos e ordine. Qualcuno disse che nell’ordine esiste la pazzia… nel caos la verità. Voi cosa ne pensate?
Il Caos è la Madre di tutti noi, di tutto l’universo, nato dal rimescolarsi incessante della brodaglia primordiale. Ma è anche impossibilità di comunicare. Nel Caos i significati si mescolano. Un ciabata di morbido pelo è un oggetto caldo e accogliete, ma se te la tiro in faccia diventa un’arma. Stesso oggetto diversa funzione, stessa parola diverso significato! La ciabatta è una ciabatta o è diventata qualcosa d’altro? Signore e Signori… il Caos è entrato in scena!
Da qui l’esigenza di mettere ordine, definire, dare un significato preciso alle cose, in modo che non ci siano dubbi e si possa comunicare e quando ti chiedo: “Per favore, mi passi la ciabatta?” Non rischio di finire in ospedale col naso fatturato. La razionalità è un sistema che funziona, ma non crea nulla. Per creare, per comporre, per realizzare qualcosa di unico bisogna pescare da questo Caos, farci i conti. È un argomento che da sempre ci fa friggere. Il Caos è originario e l’ordine non è null’altro che un’urgenza umana troppo umana, ma non sempre all’altezza della paradossalità della vita. Tirare in ballo concetti come la pazzia e la verità, rende la trattazione ancora più complessa. La pazzia è un’anomalia dell’ordine razionale e l’ordine razionale è un meccanismo di sopravvivenza dell’umanità, anche se spesso produce nefandezze vestite di legittimità logica. Quindi si potrebbe pensare di essere tutti pazzi. La verità invece è qualcosa che si manifesta e non c’è dubbio che emerga da ciò che non si conosce, da ciò che è mistero, dal Caos. La verità umana è sempre una semplificazione della complessità della realtà. In ogni caso siamo fottuti. Occorre restare svegli, mettersi in gioco e assumersi la propria parte di responsabilità.

E perché queste due “o” che tornano… ?
Banalmente per essere ritrovati nelle paludi della rete. Più romanticamente perché siamo attratti dalla mostruosità umana e la parola MOOSTROO suona nel nostro dialetto (bergamasco) come mustrù, vale a dire “grosso mostro”.

E questa immagine di copertina sembra quasi una provocazione, di sicuro blasfema in qualche modo…
È una foto della prima comunione di Franz il bassista (e produttore artistico del disco), aveva otto anni, nei suoi occhi c’è tutta la perplessità di un mondo che gli risultava inconsistente, gli sembrava che niente si incastrasse. È una foto che cerca di raccogliere una goccia di umanità, una «goccia di splendore» nel mare crudele e feroce di questo mondo. Tanti nefasti schemi umani sono la risultante di una cultura rigida e coercitiva, moralmente o politicamente. Ci è sembrata la foto perfetta di un’epoca, oggi come allora, di un sentire collettivo. Raccogliere attorno chi come noi si sente traviato, travolto, ma non molla niente, tiene duro per non farsi opprimere. L’immagine rappresenta quindi una fase dello sviluppo evolutivo, uno dei primi momenti in cui si comprende il peso della conflittualità sottesa alle cose del mondo. L’espressione spaurita e disorientata in un contesto che dovrebbe essere di verità e certezza. È evidentemente l’espressione di un cortocircuito e ci è parsa un’immagine piuttosto evocativa e critica del presente, molto risonante con i contenuti del disco.

Il suono dei Moostroo? Anche questo sembra arrivare dal passato…
A noi piace soprattutto la musica suonata più di quella campionata, ma non siamo rigidi in tal senso. Il disco è un prodotto di questi ultimi tre anni, suona come questi ultimi tre anni. Che rimandi al passato può darsi nella scelta di alcuni effetti in post-produzione e forse anche per lo stile musicale, ma questo non ci pare faccia male ai tempi dei samples. Solo se si teme il tempo lo si segmenta a intervalli: il disco per noi è figlio del nostro tempo. In ogni caso per quanto ci riguarda, la ricerca dei suoni è stato un passo avanti del progetto.
Quello che ci appassiona musicalmente in definitiva è il groove e da quello partiamo. Il beat cardiaco è la base, basso e batteria sono i messaggeri, gli emissari di questa pulsazione; sono gli ambasciatori che partono per glorificare la voce e i testi di Dulco, da sempre “motore immobile” che anima le cose celesti del caos che abbiamo dentro.
L’assaggio di elettronica per noi è ritmo, è ruvida espressione che «po’ esse fero e po’ esse piuma» sempre al servizio del nostro demone ispiratore: la nostra sorda speranza è che Dioniso venga a farci visita… alle prove, nei nostri sogni, nella nostra vita. È anche un’elettronica a tratti rumorosa e a tratti materica. Non è solo ritmica ma anche sogno, un universo onirico che al solo groove mancava. Un qualcosa che potesse poi cullare la voce e il testo.
Su ogni canzone c’è molto lavoro: nelle ritmiche basso-batteria sempre più complesse, nella chitarra, nelle linee vocali, nell’interpretazione. L’intenzione è stata superare noi stessi, l’oltranza, l’andare oltre. L’obiettivo raggiunto è dotare di autenticità la sperimentazione. Dulco porta un brano che gli esce dal cuore, dalla testa o dal culo, noi lo si mangia, digerisce e vomita, a Franz il compito di rimettere ordine in quel bolo, a Igor quello di dargli vita.

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