L’insolvente Marchese Coccogliudo

L’insolvente Marchese Coccogliudo – Chi era costui e perchè Pasquino, la famosa statua parlante romana, lo “celebrò” con un  motto ironico che divenne oggetto di commenti salaci nei salotti buoni del tempo?

Non era un “Carneade” ma l’ambasciatore di Spagna a Roma alla fine del 1600.

Una Roma papalina che però cominciava ad aprirsi alle modernità anche grazie all’azione di Papa Alessandro VIII, del quale ricordiamo sia le opere che commissionò all’architetto Carlo Fontana sia la sua opposizione alla Chiesa Gallicana ed al “peccato filosofico” proposto dai Gesuiti, così come le sue imprese militari, il nepotismo e l’uso disinvolto del Tesoro di San Pietro attribuitogli da alcuni commentatori.

Anche le rappresentazioni teatrali fecero la loro parte, fra queste ebbe molta risonanza la Festa Teatrale “La caduta delle amazzoni” (compositore: Bernardo Pasquini, librettista: Giuseppe Domenico De Totis) un melodramma ricavato dall’opera “Las Amazonas de Scitia” di Antonio de Solis y Ribadeneira che il Marchese di Coccogliudo fece rappresentare a Palazzo Colonna nel 1690.

Il melodramma, un florilegio con connotazioni mitologiche ed allegoriche, fu messo in scena con grande pompa e con l’immancabile approvazione della Reverenda Camera Apostolica, in occasione delle nozze di re Carlo Secondo di Spagna con la Principessa Mariana del Palatinato Neuburg.

Nonostante l’ambientazione non sfarzosa, rispetto ai grandi teatri europei, relativamente alla mancanza di grandi macchine sceniche, Roma ne parlò a lungo e con ammirazione per le belle scenografie di Girolamo Fontana – riprodotte da numerosi incisori  (Alessandro Specchi, Giovanni Francesco Venturini, Francesco Buffettini ecc.) –  ma soprattutto, come dissero i soliti malpensanti, per l’inusuale partecipazione di affascinanti donne cantanti, la cui presenza era vietata nella Roma papalina, che usava sostituirle con i cosidetti eunuchi.

L’uso delle attrici-cantanti stupì e sollecitò alcuni pruriti e fu certamente concausa dell’apprezzamento che il pubblico tributò al melodramma ed al marchese di Coccogliudo.

Eco del clamore suscitato può leggersi nel fatto che la Biblioteca Marucelliana di Firenze, la Fondazione Cini di Venezia e la Typographia Apostolica Vaticana acquisirono in varie epoche la copia del libretto dell’opera.

Il marchese però fu ricordato non solo dagli ambienti mondani ma, e per diverso motivo, anche dal popolo. Si tramanda, infatti, che l’Eccellentissimo Marchese di Coccogliudo si dimenticò di pagare le varie maestranze che furono impegnate per l’occasione che finirono “cornute e mazziate”. Per cui, sia per sollecitarlo che per deriderlo, una mano anonima affisse alla statua di Pasquino il seguente cartello: Il Marchese di Coccogliudo fa tutto quelle che deve e deve tutto quello che fa.

Ma pare che il Marchese non si curò del dileggio e partì, alla fine del suo incarico, ancora insolvente.

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