Leila Cimarelli: tra le pagine dei suoi dodici rintocchi

Certe storie non finiscono: si nascondono tra le pieghe del tempo, aspettano silenziose dietro una porta socchiusa, o risuonano all’improvviso, come i dodici rintocchi di un orologio che segna un nuovo inizio. Nel suo secondo romanzo, “I dodici rintocchi”, Leila Cimarelli ci guida tra Roma e Parigi, tra due cuori che si rincorrono senza mai davvero smettere di appartenersi. Lontano dal sentimentalismo facile, il libro attraversa i territori fragili dell’amore e della memoria, dove ogni scelta pesa come una valigia lasciata a metà, e il destino si fa domande più che risposte. Due chiacchiere con leiper parlare di tempo, distanze e di quella forma d’amore che resiste persino al silenzio.

Il tempo diviene matrice anche nell’evoluzione dei personaggi. Ti sei chiesta e soffermata sulla loro trasformazione in relazione al tempo?
Nella storia tra Elettra e Gabriele il tempo è fondamentale. Il lettore incontra per la prima volta i due protagonisti in età adolescenziale, nel fiore dei loro anni, per poi ritrovarli anni dopo, in età più adulta. Chiaramente, in questo lasso di tempo, entrambi sono cresciuti e maturati, rispetto all’inizio della loro storia. Era inevitabile sottolineare i cambiamenti avvenuti nelle loro vite private, così come era ovvio, mostrare la loro evoluzione in ambito professionale.

Il ruolo di Elettra che diviene anche il manifesto della donna all’interno del romanzo. Questo aspetto, in relazione ai tempi che viviamo, ha avuto un peso diverso nel tracciare la storia?
Vorrei fare una premessa a riguardo. Nel periodo della revisione del romanzo, la notizia della morte di Giulia Cecchettin, mi colpì moltissimo. Una ragazza così giovane, innocente, dallo sguardo dolce e buono, uccisa per mano, di chi giurava di amarla. Un’ennesima vittima di femminicidio e figlia del tristemente noto ‘amore tossico’, ma che in realtà, di amore non aveva nulla. E così, ho deciso di inserire questo argomento nel mio romanzo, perché non se ne parla mai abbastanza. Nel mio piccolo, volevo portare alla riflessione, le lettrici che involontariamente, avrebbero potuto trovare dei punti in comune, con la vicenda vissuta dalla mia Elettra. E devo ammettere, che una ragazza, attraverso il mio profilo Instagram, mi ha cercato per ringraziarmi, per averle fatto notare dei comportamenti strani da parte del suo fidanzato, che lei aveva sempre giustificato.

Secondo te il lettore alla fine cerca e può identificarsi con i protagonisti?
Assolutamente sì! La bellezza di Elettra e Gabriele risiede proprio nella loro semplicità. Sono i ragazzi della porta accanto, entrambi dotati di un cuore puro, amanti della vita e desiderosi di crearsi il proprio futuro, con le proprie forze. Chiaramente non sono dei santi e come tutti, commettono anche degli errori. Ma posso affermare, senza ombra di dubbio, che il lettore e le lettrici, possono identificarsi con loro, con estrema facilità. In diverse occasioni, mi hanno anche scritto e detto a voce, di aver avuto l’impressione di vederli muoversi davanti ai loro occhi, per quanto risultavano “reali” le loro azioni.

E tornando da dove siamo partiti e cioè il tempo: il passato che torna è una chiave di questo romanzo secondo te?
Il passato è decisivo nella storia tra Elettra e Gabriele. Ma devo precisare una cosa. Ne I Dodici Rintocchi, il passato non torna nel senso classico di eventi che ritornano – ciclicamente – per essere uguali a se stessi. Bensì come bagaglio che aiuta i protagonisti ad affrontare il presente e il futuro con maggiore consapevolezza, dei loro sentimenti e – soprattutto – del proprio essere contestualizzandosi nelle esperienze che vivono.

Articolo precedenteFolkest 2025: il festival curioso del mondo
Articolo successivoUn viaggio nella musica di Battisti