Le opere di Bruno Lisi al Polo Museale della Sapienza

Il Polo Museale Sapienza promuove, nelle sedi del Museo dell’Arte Classica e del Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, una mostra dedicata alle opere di Bruno Lisi, dai primi anni Sessanta all’anno della sua morte nel 2012.

Come scrive Francesca Gallo nel catalogo che accompagna la mostra, “la ricerca di Lisi — sempre aggiornata, ma leggermente fuori sincrono rispetto alle mode del momento, autonoma e solitaria — può essere letta come un continuum di rimandi e rielaborazioni che dai particolari naturalistici passa per la figura umana sempre più dissezionata e osservata in maniera talmente ravvicinata da diventare talvolta indecifrabile. Per scendere —metaforicamente — sotto l’epidermide e rievocare forme cellulari nelle serie Micron (1972) e Senza titolo (1974)”. Dagli anni Ottanta, senza abbandonare il lavoro pittorico, Lisi si allontana progressivamente dalla figurazione: dai monocromi blu, in cui permane un’eco ancora naturalistica, alle variazioni sul segno lineare, lungo un percorso che, come scrive Marisa Volpi nell’intervista del 1984, è sinonimo di libertà e azzeramento.

Al Museo Laboratorio d’Arte Contemporanea si ripercorre per la prima volta complessivamente l’opera di Lisi nel suo articolato sgranarsi cronologico.

Al Museo dell’Arte Classica vi è la ripresa di un segmento significativo di tale ricerca, quale è stata Segno aperto — mostra realizzata da Lisi allo Studio d’arte contemporanea Pino Casagrande nel 2003 — con le tele libere di Segno (1994-1997), Gesto (2000-2001) e Segno aperto (2003-2005) sospese tra le pareti grazie al progetto e alla messa in opera di Luigi Battisti.

Se nell’installazione della galleria Casagrande l’accento era posto, come scrive Patrizia Ferri (2003), sulla fragilità e la leggerezza delle carte stese nell’aria come fogli di preghiera buddisti, nel Museo dell’Arte Classica prevalgono la fisicità e il colore delle tele dipinte, non montate su telaio, qui esposte per la prima volta. Completano questa parte della mostra, sei grandi sculture in metacrilato, già esposte nel 2002 in una memorabile installazione a Palazzo Brancaccio, curata da Francesco Moschini, e qui inserite tra le suggestive statue di gesso del museo.

Il maestoso contesto del Museo dell’Arte Classica ospiterà, a partire dalla seconda settimana di febbraio, anche una sezione di eventi paralleli, Il Mondo Nuovo: The Contemplative Edge, che Camilla Boemio affianca e pone in relazione con la personale di Lisi, esplorando la nozione di contaminazione in senso ampio e concettuale, in un dialogo con la storia dell’arte e in una rappresentazione dei rapporti tra artista e pubblico, corpo e tela, il simbolico e il fisico. Ad aprire questa sezione sarà St Sebastian: Plague Memory dell’artista inglese Mathew Emmett, una performance audiovisiva che riflette sulla ricerca umana di rifugio e protezione di fronte alla paura e alla violazione.

La mostra, che segna anche la collaborazione scientifica tra due dipartimenti dell’Università di Roma Sapienza — il Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo e il Dipartimento di Studi Europei Americani e Interculturali — sarà accompagnata da un catalogo che presenta la ricerca artistica di Lisi attraverso i testi di Camilla Boemio, Patrizia Ferri, Francesca Gallo, Francesco Moschini, Marcello Venturoli, Marisa Volpi.

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