L’era della nientocrazia, per SBS Edizioni, scritto da Augusto Boeri, è un romanzo distopico che esplora i rischi del potere assoluto e le sue conseguenze.
Augusto è stato selezionato per l’edizione 2025 di Casa Sanremo Writers, un evento che si tiene in concomitanza con il famoso Festival di Sanremo. In questo libro, l’autore ci guida attraverso un viaggio fatto di sogni che si trasformano in incubi, in una realtà che diventa sempre più opprimente.
Nel tuo libro affronti il tema del potere e delle sue conseguenze. Cosa ti ha ispirato a scrivere un’opera così critica nei confronti della politica e del controllo sociale?
L’ispirazione è nata osservando le dinamiche di potere che attraversano non solo la politica, ma anche la società in generale. Viviamo in un’epoca in cui il controllo, in tutte le sue forme, sembra essersi radicato ovunque: nei governi, nei sistemi economici, persino nella tecnologia. ‘L’era della nientocrazia’ è il mio modo di esplorare le derive di questo sistema e di evidenziare come il potere, quando non ha limiti etici, si trasformi in un meccanismo distruttivo. Attraverso il grottesco e la satira, volevo offrire una lente amplificata per riflettere su ciò che potremmo diventare se non poniamo domande critiche al sistema che ci governa. Non è tanto una condanna, quanto un invito a guardarsi dentro e a capire quanto siamo disposti a tollerare e accettare.”
La tua carriera e le tue esperienze personali hanno influenzato il tuo modo di raccontare una realtà distopica? In che modo?
La mia carriera e le esperienze personali hanno influenzato profondamente il mio modo di costruire questa realtà distopica. Non lavoro direttamente nella politica né in ambiti istituzionali, ma come osservatore attento della società, ho sviluppato una sensibilità per i paradossi e le contraddizioni del nostro tempo.
Le esperienze personali, in particolare, mi hanno insegnato a vedere il potere non solo come uno strumento, ma come una sorta di calamita che attrae e trasforma chi lo cerca o lo esercita. La mia scrittura, però, non è mai stata un riflesso diretto della mia vita, ma piuttosto una reinterpretazione, una proiezione fantastica di temi e domande che mi tormentano o mi incuriosiscono.
Lavorare su “L’era della nientocrazia” è stato come osservare il mondo attraverso uno specchio deformante: ogni mia esperienza, anche banale, è diventata un pretesto per amplificare il surreale, spingendo i limiti del verosimile e sfidando le regole della logica. Credo che ogni autore, in fondo, riversi inevitabilmente parte di sé nei propri personaggi e nei propri mondi, e il mio è un caos organizzato che riflette sia le mie paure che le mie speranze per il futuro.
Essere selezionato per Casa Sanremo Writers è un grande traguardo. Come hai vissuto la notizia e cosa significa per te far parte di questo evento?
Essere selezionato per Casa Sanremo Writers è stato un momento di grande emozione e soddisfazione. Quando ho ricevuto la notizia, ho provato una miscela di incredulità e gioia. È come se il lavoro, le ore di scrittura e i dubbi che ogni autore affronta avessero improvvisamente trovato una risposta positiva e incoraggiante.
Far parte di un evento così prestigioso significa molto per me, non solo come autore, ma anche come individuo che cerca di raccontare storie capaci di stimolare riflessioni e dialoghi. Casa Sanremo Writers è un palco importante, un’occasione per far conoscere il mio romanzo a un pubblico più vasto, ma è anche un’opportunità per confrontarmi con altri autori e appassionati di letteratura. Per me rappresenta un momento di crescita, una conferma che il mio lavoro può trovare una connessione con i lettori e che la mia voce narrativa ha qualcosa da dire nel panorama culturale contemporaneo. È un incoraggiamento a continuare su questa strada con ancora più determinazione.
L’era della nientocrazia dipinge una società in cui il sogno di potere diventa incubo. Qual è il messaggio principale che vorresti lasciare ai tuoi lettori?
Il messaggio principale che vorrei lasciare ai miei lettori è una riflessione sul prezzo del potere, su come esso possa trasformarsi da sogno ambizioso in un incubo che divora chi lo insegue e chi ne subisce le conseguenze. In L’era della nientocrazia ho voluto esplorare i lati più oscuri del potere: l’avidità, la manipolazione e la perdita di umanità che spesso accompagnano la sua ricerca e il suo esercizio.
Il mio obiettivo non è dare risposte, ma porre domande. Come individui, siamo consapevoli di ciò che siamo disposti a sacrificare per il potere? E come società, sappiamo riconoscere quando stiamo cedendo troppo, lasciando che il potere sfugga al nostro controllo?
Credo che sia importante che i lettori interpretino questa storia come una provocazione, un invito a guardarsi intorno e dentro di sé per riconoscere le dinamiche che ci legano a questa forza così ambivalente. Se c’è un messaggio, è che il potere senza limiti, senza etica e senza consapevolezza non può che generare un vuoto, un’assenza di significato, un incubo collettivo.
Nel libro emergono diverse critiche alle istituzioni e al sistema politico. Pensi che esista un parallelo tra la tua narrazione e la realtà odierna?
Assolutamente sì, anche se il mio obiettivo principale è sempre stato raccontare una storia originale e provocatoria, piuttosto che costruire una critica diretta. Tuttavia, è inevitabile che il contesto in cui viviamo influenzi la narrazione. L’era della nientocrazia è una distopia, ma le sue radici affondano in molti aspetti della realtà odierna: la sfiducia nelle istituzioni, la manipolazione dell’opinione pubblica, l’ossessione per il potere e il culto della personalità.
I paralleli non sono intenzionali in senso didascalico, ma emergono naturalmente. Penso che una buona opera distopica funzioni proprio perché, pur essendo ambientata in un contesto immaginario, riesce a mettere in luce le ombre del presente. Il mio intento è quello di spingere il lettore a riflettere su ciò che lo circonda, sulle dinamiche di potere, e su come la società – se lasciata senza controllo critico – rischi di avvicinarsi pericolosamente a scenari surreali come quelli del libro.
In fondo, la nientocrazia non è altro che un’esagerazione di alcune tendenze già presenti: il vuoto di ideali, il populismo sfrenato e la perdita di connessione tra governanti e governati. La speranza è che il lettore, riconoscendo questi elementi, si senta stimolato a pensare in modo critico e magari a immaginare alternative migliori.