La leggendaria Arte della fuga di Johan Sebastian Bach secondo Accademia Bizantina

La leggendaria Arte della fuga di Johan Sebastian Bach secondo Accademia Bizantina – Basilica di Sant’Apollinare in Classe, martedì 10 luglio ore 21
Il capolavoro incompiuto di Johann Sebastian Bach, L’arte della fuga, sarà interpretato da Accademia Bizantina nella Basilica di Sant’Apollinare in Classe; il concerto di martedì 10 luglio, alle 21, è realizzato con il contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Opera avvolta dalla leggenda, la composizione dell’Arte della fuga è da collocare negli ultimi quindici anni di vita di Bach e fa parte di quei lavori che il Kantor propose alla Società per corrispondenza delle scienze musicali, fondata nel 1738 dall’allievo Lorenz Christoph Mizler. La società aveva lo scopo di promuovere la ricerca e lo scambio tra i membri, scelti per le loro competenze matematiche e filosofiche, i quali dovevano ogni anno produrre una dissertazione. Ai musicisti era consentito presentare una composizione e per questa società Bach scrisse le Variazioni canoniche sull’inno di Natale “Vom Himmel hoch da komm ich her” BWV 769 e L’offerta musicale BWV 1079. Probabilmente l’Arte della fuga risale ad alcuni anni prima, forse al 1736 stando alle due versioni che si sono conservate: il manoscritto autografo, conservato a Berlino, e la prima edizione, stampata postuma nel 1751.

L’arte della fuga porta al vertice più elevato le competenze contrappuntistiche sviluppate in Europa sin dal Cinquecento ed è costituita sostanzialmente da una serie di elaborate variazioni di un tema presentato in apertura. La partitura ci è pervenuta su quattro pentagrammi con chiavi antiche ed è priva delle indicazioni strumentali, come i Fiori musicali per organo di Frescobaldi. Questo ha fatto pensare che fosse anch’essa originariamente pensata per organo, ipotesi che non convince Dantone, che osserva “mi sembra evidente che la scrittura su quattro righi sia la maniera migliore per scrivere una composizione come la fuga, dove la buona condotta delle parti deve essere sempre sotto controllo. Ancora più evidente è il fatto che questa musica trascende l’aspetto strumentale e timbrico perché il suo significato è talmente vasto e profondo da colpire anima e intelletto a prescindere da qualunque cosa”.

Per Dantone la chiave di lettura dell’Arte della fuga non sta tanto nella riflessione sulla natura controversa dell’opera, puramente teorica o destinata all’esecuzione, o nella scelta dell’organico per l’esecuzione, è piuttosto nella bellezza della scrittura e nell’emozione che è in grado di trasmettere, pur nella grande complessità dell’architettura contrappuntistica: “dato per scontato che la struttura speculativa rappresenta un concetto immanente, ovvero insito nella fuga, ciò che va messo in luce il più possibile è proprio l’abilità del compositore di rendere bello e comunicativo ciò che ha origine dall’autocontrollo costrittivo della scrittura”. Addirittura, secondo Dantone, non trasmettere l’essenza estetica di quest’opera significa non renderle giustizia: “non cercare tra le maglie dei contrappunti i sublimi piaceri, le dolci emozioni che nascondono, significa in parte mortificare e non rendere giustizia all’immane lavoro di Bach, inarrivabile sintesi tra arte e scienza, intensità espressiva ed intelletto”.

L’esecuzione di Accademia Bizantina si interrompe dove l’aveva lasciata Bach, alla fuga a tre soggetti esposti insieme: “ritengo che il tentativo di completare l’Arte della fuga non sia solo velleitario da un punto di vista creativo, vista la superiorità inarrivabile del Kantor, ma inutile, oltre che impossibile anche dal lato tecnico-compositivo. Infatti quando, nell’ultima fuga, a tre soggetti, il compositore fa ascoltare per la prima volta uniti i tre temi (tra cui quello composto dalle lettere del suo nome), si ferma perché, proseguendo secondo la sua stessa metodologia, avrebbe dovuto, affidando i soggetti alle altre voci, invertirle in contrappunto triplo, incorrendo in intervalli armonici e condotta delle parti vietate”. Si tratta di un limite tecnico o di una scelta filosofica, si chiede Dantone? La domanda rimane senza risposta e il direttore di Accademia Bizantina ne fa una questione di misticismo: “qualunque sia la risposta, si inserisce naturalmente nell’universo della psicologia bachiana: il musico artigiano si arresta prima di sfiorare l’Eterno assoluto e decide, che lo voglia o no, di rendere a Dio ciò che è di Dio e lasciare all’uomo (anche quando di natura superiore) ciò che è dell’uomo”.

È una formazione ridotta di Accademia Bizantina quella che Dantone ha scelto per l’esecuzione dell’Arte della fuga, che da un anno è disponibile in un prezioso cd Decca, registrato nel Teatro Goldoni di Bagnacavallo. Oltre a Dantone (cembalo e direzione), i musicisti coinvolti sono soltanto cinque: Alessandro Tampieri e Ana Liz Ojeda (violini), Diego Mecca (viola), Mauro Valli (violoncello) e Stefano Demicheli (organo).

Accademia Bizantina continua dal 1983 a “fare musica come un grande quartetto”, con attenzione alle scelte di repertorio, alle prassi esecutive e agli strumenti impiegati, col sostegno di artisti come Jorg Demus, Carlo Chiarappa, Riccardo Muti e Luciano Berio e avvalendosi della collaborazione dei violinisti Viktoria Mullova e Giuliano Carmignola e del controtenore Andreas Scholl, con i quali ha realizzato tour internazionali e progetti discografici per Onyx, Deutsche Grammophon, Harmonia Mundi e Decca.

Ottavio Dantone collabora con Accademia Bizantina dal 1989 e ne è direttore dal 1996. Primo italiano ad aver ottenuto il Premio di basso continuo al concorso internazionale di Parigi nel 1985 e ad essere premiato al Concorso internazionale di Bruges nel 1986, ha portato Accademia Bizantina a venire riconosciuta come uno degli ensemble di musica barocca con strumenti antichi più accreditati nel panorama internazionale. Da circa un ventennio, oltre a dirigere gruppi da camera e ad esibirsi come solista, ha avviato l’attività di direttore d’orchestra, cominciata nel 1996 proprio al Teatro Alighieri con il Giulio Sabino di Giuseppe Sarti eseguito da Accademia Bizantina.

Info e prevendite: 0544 249244 – www.ravennafestival.org
Biglietti: I settore non numerato 30 euro (ridotti 26); II settore non numerato 20 euro (ridotti 18)
‘I giovani al festival’: fino a 14 anni, 5 euro; da 14 a 18 anni e universitari, 50% tariffe ridotte.

10 luglio – Basilica di Sant’Apollinare in Classe, ore 21

Johann Sebastian Bach
L’arte della fuga
Die Kunst der Fuge BWV 1080

Accademia Bizantina
Ottavio Danto
ne cembalo e direzione
Alessandro Tampieri, Ana Liz Ojeda violini
Diego Mecca viola
Mauro Valli violoncello
Stefano Demicheli organo

“Dato per scontato che la struttura speculativa rappresenta un concetto immanente, ovvero insito nella fuga, ciò che va messo in luce il più possibile è proprio l’abilità del compositore di rendere bello e comunicativo ciò che ha origine dall’autocontrollo costrittivo della scrittura”: è con queste premesse che Ottavio Dantone guida Accademia Bizantina in una nuova esecuzione dell’Arte della fuga. Bach non indica, si sa, alcun strumento, ma la scelta di un organico “ridotto” è dettata dall’obiettivo di mettere in risalto il movimento elegante, complesso, e allo stesso tempo emozionante, delle singole voci. In quel gioco contrappuntistico che, nell’interpretazione dell’ensemble ravennate, si arresta dove l’aveva lasciato Bach, alla vetta raggiunta con l’esposizione dei tre temi, per la prima volta uniti, nell’ultima fuga a tre soggetti.

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