LA FEVRA – La Romagna, la terra, il blues. L’ultimo disco di Enzo Vince Vallicelli

LA FEVRA – La Romagna, la terra, il blues. L’ultimo disco di Enzo Vince Vallicelli

LA FEVRA – La Romagna, la terra, il blues, è l’ultimo disco di Enzo “Vince” Vallicelli, classe 1951, batterista di indiscutibile talento e di grandissima esperienza, diplomato in percussioni al Conservatorio di Pesaro, che vanta numerose collaborazioni con artisti del calibro di Gianna Nannini, Eugenio Finardi, Shirley King (figlia dell’ineguagliabile B.B. King), Andy J. Forest, Rudy Rotta, Harriet Lewis e James Thompson solo per citarne alcuni. Premiato come Miglior Batterista Blues italiano nel 2002, secondo la rivista Blues and Blues, ha negli anni affiancato ad una intensa attività live in club e festival, anche apparizioni televisive ed un’importante attività didattica, attraverso masterclass, seminari, workshop, senza contare la presenza nelle principali testate del settore musicale con recensioni, articoli ed interviste.

La sua batteria e il suo amore per il blues hanno fatto il giro del mondo, ma le radici l’hanno sempre riportato nella sua città, Forlì. E ora, The Shuffleman – com’è conosciuto tra gli addetti ai lavori – è pronto per raccontare a ruota libera la sua storia, un percorso di tante bacchette spezzate e pelli consumate, in un lavoro che continua ancora ad essere un collage di esperienze più o meno facili, ma sopratutto una grande passione. Ecco quindi l’idea di realizzare un disco che fosse un tributo ad una lunghissima carriera, una celebrazione del movimento musicale in cui Vince è nato e di cui è stato per anni l’alfiere indiscusso, e anche un passo avanti in un percorso di incontro culturale e sonoro fra due sponde dell’Oceano affini come sensibilità e come senso per la musica. I testi, originali e scritti in dialetto romagnolo da autori diversi e cantati dallo stesso Vince, sono parte fondante di tutta la produzione e raccontano il territorio e le sue tradizioni, le cose sconosciute e le grandi verità, osservate con gli occhi di un ragazzino di quasi settant’anni.

La scelta di registrare il disco presso L’Amor Mio Non Muore | Sala d’Incisione di Forlì, forse l’unico studio completamente analogico presente in Italia, utilizzando in larga misura materiale a marca Lombardi Amplificazioni di Castrocaro Terme, forse l’ultimo grande costruttore italiano di impianti audio professionali, è un altro tassello importante dell’intero progetto, che radica i propri intenti nella volontà di recuperare il senso delle cose:

1) il senso di registrare un disco senza l’aiuto del computer, solo tramite l’utilizzo di registratori a nastro, come si faceva negli anni ’50;

2) il senso di incidere gli strumenti in presa diretta, per valorizzare l’aspetto emotivo, spontaneo, catartico e unico della performance dei musicisti;

3) il senso, quindi, di recuperare un’artigianalità scomparsa ormai nel mondo della musica moderna, la cura dei suoni, la cura dell’esecuzione, il focalizzare le idee verso l’obiettivo-canzone senza disperdere energie e concentrazione nella miriade di scelte che la tecnologia/computer mette a disposizione nell’era dei dischi fai da te;

4) il senso di tenere in vita una lingua che non vuole scomparire, il dialetto romagnolo, con i suoi usi e costumi che nulla hanno da invidiare a forme dialettali più conosciute e utilizzate;

5) il senso di utilizzare strutture musicali derivanti dal blues, insieme ad armonie e melodie mediterranee, folkloriche e tradizionali, perché una musica vera, è una musica che trova nel passato e nelle musiche d’altrove, le fondamenta per creare nuove sonorità territoriali, autoctone, contemporanee.

L’intera produzione è stata curata da Big Ben Associazione Culturale di Modigliana (FC) per conto di Strade Blu Factory, il progetto editoriale nato intorno al Festival omonimo, con il prezioso supporto di CNA Forlì-Cesena e di Poderi dal Nespoli.

Dopo l’Anteprima di fine giugno a Cusercoli (FC), il Live ufficiale si terrà il prossimo martedì 8 agosto, ore 21.30, in Piazzetta della Misura a Forlì (Fc), all’interno della rassegna Piazze d’Estate 2017, con il contributo del Comune di Forlì e della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì.

Commento del produttore Antonio Gramentieri

LA FEVRA doveva parlare la lingua della Terra. Questa era l’unica cosa decisa.

La lingua della terra-elemento, e la lingua della terra-geografia, ovvero dell’appartenenza.

LA FEVRA doveva essere un racconto di parole e di suoni. Non soltanto note: suoni. Suoni dentro le parole, sopra le parole. Dentro le note e sopra le note.

Un racconto che fosse quello di Vince e della Romagna in cui è nato, su cui ha camminato, su cui ha lasciato il suo segno. Un racconto che avesse l’urgenza di una cosa antica, di un’energia che arriva da lontano. Di una materia che ha sempre covato, sotto le cose, che matura e trova una via per la superficie.

Vince è vulcano, LA FEVRA è un disco vulcanico. Ma non vulcano-esplosione.

Il dono del fuoco e della dinamite Vince l’ha avuto fra le mani tutta una vita, funambolo dei tamburi e del ritmo. L’esplosione c’è già stata.

Stavolta serviva il vulcano-forza silenziosa. Quello dell’attesa e del fuoco lento, del borbottio del sottosuolo, della lava che scende sulle pendici e muta il paesaggio. Parole lente e calde. Che affascinano e spaventano. Che sono vita e morte insieme, nel loro infinito danzare.

Serviva anche il senso del rischio. Il suono di un passo che sa di poter cadere in fallo.

E allora bisognava abbandonare la rotta dei tamburi, e mettere Vince in mare aperto. E poi lasciare il timone, e vedere dove portava il vento. Bisognava fissare quel momento preciso sul registratore, sapendo che si poteva andare dappertutto ma non si poteva tornare indietro.

Otto tracce, su nastro. Suonate tutti insieme. Questo è quello che ascoltate.

LA FEVRA è La Passione. Per un suono, per una musica femmina da attraversare nell’amore e nel dolore, per una vita, per tutte le cose che abbiamo avuto e per quelle che non siamo riusciti a raggiungere, e a cui abbiamo anelato.

LA FEVRA è l’elettricità che ci ha attratti a loro.

LA FEVRA è blues, ma è un blues senza giochi di prestigio. È un sentiero di sassi e di legna, di pelli e di sospiri, di metalli che al cigolano al vento e di budello che rimbalza. E la lingua della terra, che attraverso il suono delle parole si racconta.

LA FEVRA è un uomo e il suono dei passi sul suo sentiero. Le persone che abbiamo trovato, quelle che abbiamo lasciato. Le prime luci della sera, il battito del cuore. Perché si sta facendo buio, ma non è ancora ora di tornare a casa. Mi pareva finita, invece sta per cominciare.

 

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