Intervista a Simone Fornasari: «Scrivere “Che poi” è stata una seduta di psicanalisi”

“Che poi” (edito da Senza Dubbi e distribuito da Believe) è il nuovo EP del cantautore SIMONE FORNASARI, artista che ha aperto ad artisti del calibro di Fabrizio Moro, Stadio, Ron, Nina Zilli, Nomadi, Marco Mengoni. 

Vuoi parlarci dell’EP “Che poi”? Da cosa e da chi ti sei lasciato ispirare per scrivere le storie che si nascondono dentro i tuoi brani?
“Che poi” chiude un percorso iniziato lo scorso anno con l’uscita del disco “…”. Mi piace pensare che questi due lavori siano figli dello stesso viaggio: è stata la seduta di psicoanalisi più incredibile che abbia potuto fare e che mi ha permesso di spogliarmi a nudo come non avevo mai fatto prima. Sicuramente la scelta è un tema centrale di questo lavoro: credo che scegliere sia la cosa più tosta alla quale siamo chiamati a rispondere ogni giorno…dalle piccole cose a quelle più significative. Troppo spesso decidiamo in funzione di possibili giudizi poiché vittime di un mondo fortemente stereotipato. Saper scegliere significa responsabilità, la stessa responsabilità che mi sono assunto mettendo a nudo ogni mia piccola fragilità dentro queste canzoni.

Se dovessi descrivere il tuo progetto con dei film anni ‘60/’70 quali sarebbero?
“Qualcuno volò sul nido del cuculo”: lui si fingeva pazzo per scappare dal carcere io invece scappo da una realtà che sempre meno mi rappresenta, grazie alla musica…la mia salvezza. Comprendo essere un parallelismo un po’ forzato ma mi è venuto, così, di pancia.

Tu come hai vissuto questo periodo di “reclusione forzata”?
Inizialmente male: ho sofferto parecchio e più cercavo di trovare soluzioni alla mia sofferenza più continuavo ad alimentarla. Poi ho metabolizzato che nulla avrei potuto a cospetto di una cosa così grande e ho adottato alcuni comportamenti che mi hanno aiutato tantissimo: dosare il mio rapporto con i social e con i media e cercare di avere più cura di me e delle cose preziose che ho la fortuna di vivere. Anche in questo caso la musica mi ha dato un grande mano: ho scritto tantissimo.

Come vedi il futuro della musica dal vivo e dello spettacolo in generale nei prossimi mesi?
Innanzitutto credo che si debba fare un doveroso appunto: il mondo della musica e dello spettacolo lamentava già qualche sofferenza anche prima dell’emergenza sanitaria che ci ha travolti. Che poi questa situazione abbia contribuito ad appesantire un problema già significativo è vero. Credo che si ripartirà a rilento e mi auguro che ci sia tanta voglia di essere curiosi perché per poter dare vita a questo processo deve esserci uno scambio tra chi fa spettacolo e tra chi ha necessità di goderlo.

Esiste qualcuno in Italia in questo momento a cui ti senti accostabile?
Sono tanti gli artisti che amo e che sicuramente mi hanno trasmesso tanto nel mio percorso e nella mia personalità. Amo il cantautorato nella sua più vera dimensione e non ti nego che mi piacerebbe essere vicino a tanti artisti ma non vorrei nemmeno mancare loro rispetto. Se solo avessi un 2% di Samuele Bersani ne sarei lusingato.

Prossimi passi?
Sto lavorando a un progetto che parallelamente abbraccerà anche la dimensione live: in autunno riuscirò a svelare qualcosa

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