Il viaggio lungo la Downtown made Fake Jam

Il viaggio lungo la Downtown made Fake Jam – Dopo il felice esordio con il singolo omonimo esce Downtown, il viaggio dei Fake Jam fra le pieghe di un mondo che ha rinunciato alla veridicità.

Vivo di un funky fiammeggiante, energico e solare dai colori soul e dopo il felice esordio del singolo omonimo esce, con l’italo tedesca RubikDowntown (reperibile sul Link), il viaggio discografico dei Fake Jam lungo le pieghe di un mondo fasullo alla ricerca di quel lato B, più autentico, su cui ricostruire i pilastri di un futuro possibile.

Siamo partiti quindi da Downtown, appunto: un brano in cui si parla di dipendenza: dalla materialità, dall’apparenza, così come dalle droghe. Per approdare a Slaves of an image, in un locale a luci rosse, o in Yes I want it, in mezzo alle vetrine di un Centro Commerciale: nei luoghi dove il gioco malsano tra realtà e apparenza si trasforma in una partita con il ridicolo. Se si parla di magico mondo del fasullo non poteva mancare Fake News, omaggio dovuto ad un giornalismo troppo spesso sottilmente mistificatorio. In Let us be viene invece stigmatizzata la guerra come gioco troppo spesso inutile. C’è poi l’incrocio un po’ bestiale di Urban Jungle, in cui gli umani sono bestie e le bestie sono forse molto più umane. La cinepresa musicale si sposta con Blackjack in un quanto mai tradizionale Casinò fra sberluccichii e catene tanto fisiche quanto mentali alla dipendenza del gioco d’azzardo, quale esso sia. C’è poi il mondo dello sfascio dei media e della comunicazione – I Don’t Care – che ci catapulta in una discarica: cimitero di televisori che non sanno parlare più a nessuno. Esiste – siamo a Naive Soul – anche un mondo di pulizia e purezza, quello dei bambini, che sanno abitare anche il luogo più lindo e assieme contaminato: quello delle Banche. Infine c’è la via d’uscita dalla finzione: il viaggio questa volta fuori dalla Downtown, via verso un mondo lontano o vicino ma fatto di autenticità ed eccoci al sound volitivo ed energico di Naive Soul (Reprise).

Ad animare i pensieri del singolo prima, della cover dell’album ora e di tutta la creatività visiva di questa operazione densa di vibrante creatività Mattia Camangi, graphic e motion designer che ha disegnato per, attorno ai e con i Fake Jam fotomontaggi animati che si alternano in un viaggio assurdo ispirato dal mondo reale: una sorta di specchio deformante che ci restituisce una critica distopica e ironica del mondo circostante.

Fake Jam nascono ufficialmente con questo nome il 16 ottobre del 2017 dallo scioglimento dei P-Jam, una formazione fondata da Elia Terazzan (Drums) e Gianluca Arcesilai (Electric Guitar), amici, come si suol dire, dai banchi di scuola. Con il tempo si sono aggiunti: Mattia Elmi (Lead vocals, guitar), Luca Impellizzeri (Percussion), Daniele Cristani (Electric bass), Giovanni Tamburini (Trumpet), Leonardo Carletti prima e Luigi Giardino ora (Tenor saxophone). Tutti giovani, giovanissimi (fra i 18 e i 27 anni!!!), tutti accomunati da una straordinaria passione per la musica e dalla grande voglia di ridere e di divertirsi, di buttar fuori la propria creatività.

Al loro compleanno ufficiale segue immediatamente il primo singolo e il primo videoclip: si tratta di Painted eyes, un brano scritto da Mattia qualche anno prima e riconquistato a nuova energia con i Fake Jam.

Tante risate, molta moltissima ricerca di identità e professionalità (giovani ma mai improvvisati!): tutto impresso a caratteri di fuoco fra le righe della musica: uno stile funk con una giusta dose di soul, qualche strizzata d’occhio al pop. Una decisa predominanza di percussioni e fiati. Ma soprattutto un forte desiderio di dire la propria sulla società contemporanea, sul presente e sul futuro di una generazione che vuole riprendersi dalla vita e dall’anima una prospettiva più autentica e profonda. Da qui il gioco sulla parola Fake: in un mondo fasullo, superficiale e aggressivo, loro, i Fake Jam, scelgono la carta della profondità che è una fake news per gli altri, una straordinaria marmellata di autenticità per loro: musicisti per passione ma soprattutto per vocazione. Perchè la musica è e deve essere un lavoro per essere arte.

Mattia Camangi è un graphic è motion designer.

Dopo aver completato la sua formazione presso il corso di fumetto e illustrazione all’Accademia di Belle Arti di Bologna, si approccia al mondo dell’animazione collaborando con Studio Croma come scenografo. Negli ultimi anni affianca la sua attività in studio a quella di art director e content creator per alcuni artisti legati al panorama musicale italiano, curando la loro produzione e realizzando video e copertine.

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