Il nuovo singolo de Il Socio Unico, “Non tornare mai”, si distingue come un manifesto di emozioni contrastanti. Con la sua forza evocativa, il brano esplora la complessità del lasciar andare: un atto che può essere tanto liberatorio quanto doloroso. Le parole, intrecciate a una melodia che pulsa di energia e vulnerabilità, tracciano un percorso emotivo universale.
Per alcuni, “Non tornare mai” può rappresentare un grido di ribellione, un’affermazione di sé contro le convenzioni. Per altri, è un sussurro che invita ad accettare il cambiamento senza paura, abbandonando ciò che non ci appartiene più. È una canzone che, in ogni sua nota, chiede di essere ascoltata con il cuore, lasciando che sia lo stato d’animo dell’ascoltatore a completarne il significato.
Questo è il vostro secondo singolo, dopo “Sentinella Immobile”. In che modo “Non tornare mai” rappresenta un’evoluzione rispetto al vostro esordio?
Sono tutti nostri figli e soprattutto figli dello stesso processo creativo. Sono nate nello stesso periodo, proprio come altre 7 brani che usciranno nei prossimi mesi. Se con Sentinella Immobile per noi era tutto molto sconosciuto dal punto di vista discografico, con Non Tornare Mai abbiamo avuto sin da subito un’idea più chiara sul come poterla presentare al nostro pubblico. Continuiamo a non capirci nulla per quanto riguarda gli aspetti social, ma grazie al cielo facciamo musica e quindi è quello il nostro potere comunicativo. Grazie alla nostra casa discografica (Matilde Dischi) e tutto lo staff, riusciremo sempre a comunicare esattamente quello che vogliamo trasmettere.
Avete lavorato con Davide Maggioni e il team di Matilde Dischi. Che impatto ha avuto questa collaborazione sulla vostra musica?
Con Davide e tutta Matilde Dischi abbiamo trovato una famiglia artistica, adesso abbiamo un piano ben preciso, degli obiettivi da raggiungere, la concretezza nel farli e lo stimolo di osare con idee diverse da solito e ci sentiamo supportati. In altre parole abbiamo progettualità e tanti brani pronti ad uscire. A breve sentirete già parlare del prossimo singolo che si chiama “Come un Re”.
Nei vostri testi c’è sempre un dualismo: vulnerabilità e forza, introspezione e azione. Quanto di questo riflette le vostre esperienze personali?
Le nostre canzoni sono sempre frutto di un’esperienza personale sia diretta che indiretta. Cerchiamo sempre di trovare quel senso di resilienza che si nasconde dietro ogni cosa. Vogliamo rappresentare la durezza della rabbia iniziale di ogni cosa brutta che può capitarci con la delicatezza del ragionamento che porta sempre alla soluzione giusta.
Quanto hanno influito le vostre esperienze a Londra e nella scena musicale italiana nel definire il vostro stile?
Luca: -Durante la mia permanenza a Londra ho avuto sin da subito la fortuna di collaborare con songwriters come Martin Pulic (Kolodvor) o Paul Williamson (The Goblin King). Con Martin ho avuto l’onore di lavorare ad Abbey Road Studios per il disco degli “Stone Doves” registrato a UNIT13 STUDIOS dell’ingegnere del suono Paul Tipler (Placebo e Stereolab per citarne alcuni). All’epoca ero solo Batterista, ma cantavo come supporto ai cantanti delle mia band. Nei miei 7 anni inglesi ho suonato in moltissimi club tra tutti non dimenticherò mai “The Spice of Life” perché è stato il locale dove si esibirono anche gli Sex Pistols, in oltre ho conosciuto moltissime realtà musicali di tutto il mondo. Ho avuto modo di carpire tutto quello che ho visto e sentito immagazzinando il massimo per poi mettere in pratica quello che i musicisti, ignari di farlo, stavano insegnandomi. La nostra musica è infatti per cosi dire “poco italiana”, ma noi non seguiamo molto bene le mode. Puntiamo ad esserlo.-
Cosa sperate che il pubblico porti con sé dopo aver ascoltato “Non tornare mai”?
Sappiamo che “Non Tornare Mai” nasconde vari significati, e siamo stati piacevolmente colpiti dal vedere che il pubblico l’abbia capito. Tra tutti, quello che ci piace pensare, è che ogni ascoltatore porti con sé il modo in cui abbiamo voluto descrivere l’amore inteso come saper lasciare andare