Il centro Italia cambia volto – La cartina geografica del Centro Italia sta cambiando rapidamente e drammaticamente volto. Il violento sisma iniziato il 24 ottobre, e che sembra non voglia smettere, ha deformato un’area di circa 1.100 chilometri quadrati, un’estensione pari a 30 chilometri per 40 chilometri per lato. Interi paesi sono stati cancellati e gli sfollati sono più di 20mila. Macerie ovunque, desolazione, disperazione e tanta paura. Il centro Italia è in ginocchio. La scossa di magnitudo 6.5 registrata la scorsa domenica ha spostato la città di Norcia di 30 centimetri verso Ovest, ossia gli edifici di Norcia sono stati spostati sotto la forza della scossa di 30 centimetri in direzione Ovest e sembra non sia finita qui. La zona di Castelluccio ha subito una forte deformazione verticale, un abbassamento almeno di 70 centimetri, mentre la zona di Norcia si è sollevata di circa 10-15 centimetri. A scattare la fotografia della trasformazione di queste aree sono i sismologi grazie ai dati ottenuti dalle immagini scattate dai satelliti. Sembrerebbe inoltre, sempre secondo i sismologi, che lo sciame continuerà ancora per molto, forse per anni. Una prospettiva, questa, drammatica e sconvolgente. Il terremoto del 24 agosto e quello del 26 ottobre tra Perugia e Macerata sono stati attivati da due faglie contigue e in continuità: “i due terremoti sono collegati per la loro similitudine, ma dobbiamo ancora capire se si trovano su due faglie distinte oppure su due segmenti della stessa faglia”, ha dichiarato il sismologo Alessandro Amato, dell’istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia. “C’è una tensione che apre l’Italia in due. – afferma il geologo Mario Tozzi -. I terremoti continueranno, dovremmo finalmente imparare ad agire per evitare troppi danni: sia alle persone che al patrimonio edilizio e architettonico. Siamo di fronte ad un fenomeno che si replica puntualmente da migliaia di anni. Quando noi geologi diciamo che i terremoti continueranno, affermiamo solo una “verità” conosciuta. Terremoti come quelli degli ultimi mesi rappresentano la “normalità” per un territorio altamente sismico come l’Italia, e l’Appennino in particolare”. Dopo la forte scossa di magnitudo 6.5 di domenica 30 ottobre che ha scosso l’Appennino centrale e le continue scosse che si sono susseguite, a Monteleone di Fermo, è iniziata un’intensa eruzione di sei vulcanelli di fango freddo disseminati lungo il percorso del fiume Ete e il Comune di Monteleone di Fermo e poco distante si è formata una bolla d’acqua. Si tratta di piccole eruzioni limacciose e melmose che si verificano raramente e ora si sono intensificate a causa del forte sisma. Inizialmente il fango è fuoriuscito con getto abbastanza violento che è durato per circa tre ore e che ha spostato gli ulivi situati nelle vicinanze. Poi la violenza è scemata. Un simile evento si era verificato nel 2012 con il sisma che aveva sconvolto l’Emilia. In quel caso il fango aveva invaso case e terreni. Intanto la terra continua a tremare e, tra gli sfollati e la burocrazia, è iniziato un braccio di ferro senza precedenti. Non sono disposti a lasciare quello che rimane della loro vita, della loro storia e delle loro attività. Coraggiosamente, nonostante la loro terra sia stata ferita mortalmente e dove le scosse continuano senza sosta chiedono aiuti, interventi. Vogliono ricostruire, tornare alla loro vita e girare pagina. Il Premier Renzi continua a rassicurare che tutto verrà ricostruito ma che ci vorrà tempo. Entro la fine della settimana, intanto, il governo potrebbe approvare in consiglio dei ministri il nuovo decreto per i fondi della ricostruzione. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha ipotizzato che i due decreti – quello approvato a inizio ottobre per il post-sisma d’agosto e il prossimo – possano essere unificati, ma non è detto. Si tratta, comunque, di tecnicalità parlamentari. C’è chi stima che servano 100 miliardi, dipende dalle priorità” ma “il lavoro può essere progressivo con 4-7 miliardi l’anno. E intanto mentre i politici discutono attorno a un tavolo un nuovo sisma, giovedì mattina alle 1 e 35 con magnitudo 4.8. e con epicentro in provincia di Macerata, vicino a Pieve Torina, ad appena 8,4 chilometri di profondità, ha seminato ancora crolli e paure negli oltre 20mila sfollati. Il sisma è stato sentito fino sia in Toscana che a Roma. Nuovi crolli sono segnalati nella zona rossa a Pievebovigliana, già distrutta dai terremoti della scorsa settimana: nella Chiesa di Santa Maria Assunta, una casa privata e a Colle Fiano. “È stata una gran botta – dice il sindaco Sandro Luciani – Ci siamo svegliati tutti, ammesso che qualcuno riesca a dormire veramente dopo tre mesi così”. Dalla mezzanotte nelle aree devastate le scosse registrate sono state più di 100 e tutte con una magnitudo non inferiore a 2 punti. Alle 3 e 38 se ne è registrata una di magnitudo 3.2 con epicentro a Ussita. Molti sono gli aiuti che stanno arrivando ai terremotati anche se, tra miseria, macerie e dolore c’è chi invece di tendere la mano agli sfollati si gira dall’altra parte. Alcuni centri d’accoglienza si sono rifiutati di dare un rifugio a chi era accompagnato da cani o gatti che spesso sono gli unici compagni di una vita al momento distrutta. A denunciarlo è L’Enpa, l’Ente nazionale Protezione Animali. In situazioni drammatiche come questa forse, bisognerebbe essere più comprensivi soprattutto verso chi non ha più nulla se non gli affetti e la voglia di ricominciare.