Giuseppe Cangiano: un resoconto di vita il suo nuovo romanzo

Eccolo il nuovo romanzo di Giuseppe Cangiano: si intitola “Anagogia Di Un Esteta”. Ilario Gremas come protagonista, uno scenario fittizio come quello a cui ha dato il nome di San Scibile. L’allegoria che significa anche un mantenersi a distanza tra il reale e ciò che sembra poi ovvio per tutti. Fare un resoconto di vita, di eccessi, di luci e di ombre significa anche ritrovare la fotografia di ognuno di noi… un romanzo nuovo dallo scrittore casertano, uscito per Youcanprint.

Bella questa parola: anagogia. Non la sentiamo nel quotidiano. Come l’hai ripescata?
Anagogia è un termine insolito, quasi obsoleto se trattato nel concetto di lingua moderna, specie oggi, con tutto questo abuso di social e di inglesismi. Anagogia è nell’accezione mistica, una forma primordiale di estasi, quelle che anche la Bibbia rammenta.

E qui par avere un senso ancora più profondo se legata alle vicende del protagonista… anzi qui il protagonista fa una rilettura della vita come fosse un testo… giusto?
Il romanzo ha una base importante di misticismo, esatto… Il protagonista non è solo un semplice uomo, ma rappresenta anche una metafora di un disegno più grande. Poi è lo spettatore che deve saper collocare la storia in uno schema più largo e simbolico.

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La morte è chiusa perfetta o quella più scontata? O forse è semplicemente il finale migliore che vorremmo?
La morte è nell’arte, nella musica e nella letteratura. Fra paura e speranze di vivere… ma la morte tocca a tutti. Nelle mie opere i finali sono sempre incentrati su questo aspetto. Anche se… Anagogia di un esteta, offre spunti diversi sulla morte.

La provincia è una dimensione sempre carica di allegorie buone… San Scibile, nome di fantasia immagino, che tipo di provincia o di luogo rappresenta?
San Scibile è una città di non immense dimensioni, come descritto nei capitoli iniziali. È la città emblema della mediocrità e della borghesia degli uomini. Vivere sotto le leggi e gli schemi, chi è che non lo fa oggi? San Scibile rappresenta anche una stazione dell’Io e dei ricordi di Gremas, fra degenerazioni e situazioni di una vita passata senza regole e senza freni.

Dunque in fin dei conti: sapere serve? Conoscere serve? Oppure saper vivere significa altro?
La conoscenza e il sapere derivano da un livello di cultura “pratico” che non sempre è paritetico a quello che una persona apprende sui banchi dell’istruzione. Saper vivere significa… appunto… vivere! E acquisire esperienze, quelle vere. L’esperienza non si compra e non si studia, fortunatamente.

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