Deut: l’esordio, il dualismo, con o contro se stessi

Liberandosi dalle maschere e ritrovare se stessi. In qualche modo è una lotta contro l’altro emisfero del se, parafrasando un poco il titolo di questo bellissimo disco che segna l’esordio ufficiale sulla lunga distanza di Deut, al secolo Giuseppe Vitale. L’avevamo conosciuto per quell’Ep dal titolo “A running start” che oggi in qualche modo conferma e anzi amplia: esce come autoproduzione il full length dal titolo “From the other Hemisphere”, disco in bilico tra incontri digitali e sintesi folk dal prezioso sapore acustico. E in rete, come di consueto, due bellissimi video ufficiali sinonimo anche di una grande sensibilità spirituale di Deut…

Esordio dopo un Ep che in qualche modo ha anticipato il tuo modo di pensare alla canzone. Che responsabilità porta con sé questo disco?
Ho cercato di mantenere la freschezza e l’ambiente dell’Ep, anche se poi ho dovuto per forza di cose allontanarmi un pochino. Ho sentito un po’ il peso, la responsabilità appunto… ma senza arrivare all’ansia di prestazione. Mi sono occupato solo di scrivere, scrivere una moltitudine di brani e di giocare libero con strumenti e stratificazioni di suoni.
Ho cercato di essere onesto all’Ep attraverso questa libertà.
Sono rimasto me stesso, nel momento in cui ho scritto e registrato, e di questo sono molto contento.

Leggendo dalla tua press kit parli anche di errori campionati. Cioè?
Ad esempio, il groove dell’ultima traccia è composto da un campionamento della chitarra che cade contro la sedia e crea un suono sordo e basso come quello di un antico pianoforte mescolato ad un “crick” ritmico. Uso l’errore per uscire dal seminato, cerco di sfruttarlo anche se non sempre mi riesce. A volte faccio casino con le tracce, si sovrappongono degli arrangiamenti o si spostano nella griglia, così facendo mi offrono degli spunti che poi uso per arrangiare il pezzo.

E in merito ai rumori di fondo?
Sono ambienti per me, come delle stanze. Lascio molta della cura del suono a David Campanini che sa dare voce a queste fantasie, perché ci sono cose che esulano dalle mie competenze. Mi piacciono i suoni sordi e sporchi, i tappeti polverosi… perciò ogni tanto lascio che strumenti obsoleti o non professionali giochino un ruolo importante nella melodia. In confronto all’Ep è un album più “pulito” ma ci sono comunque sfumature e tappeti lasciati lì appositamente.

Dualismo, inadeguatezza, contraddizioni… cose risolte con questo disco o semplicemente cose accettate?
Credo cose accettate, capitolo chiuso. O quasi…
Sicuramente qualche pagina uscirà fuori da questi appunti e contaminerà il prossimo lavoro che immagino in qualche modo diverso.
Certe cose comunque non si abbandonano mai e proprio perché accettate rimangono ancora più tue.

E dunque parliamo dei due video che troviamo in rete…
“And I Rise”
Credo che volessi semplicemente mettere lo spettatore davanti ad un incubo.
In principio era più crudo poi con la regista Brisilda Gjashi abbiamo preferito tagliare alcune cose ed è stato meglio così. Ricalca l’archetipo della lotta contro se stessi, dove uno dei giocatori che sembra pieno di risorse ma più debole si scontra con l’altra parte, forte del suo unico pezzo. Un mio amico l’ha riconosciuto, è l’ombra della sera etrusca, un omaggio inconscio al primissimo singolo pubblicato (“Shadows of the night”).
Credo che alla fine il vero sconfitto sia stato quello più “scuro” che pensava di avere la situazione in pugno, l’altro ha fatto bene a lasciare la partita.

“As a Patient”
Questo video gioca sulla visione e sul sogno, dove ci sono immagini che si trasformano e fluiscono in un racconto a due tempi.
L’ho disegnato senza pensare, cercando di seguire i passi suggeriti dai segni e dalle forme.
Narra di una perdita improvvisa, di legami e di elaborazione del lutto. Di come si cerchino le cose perdute dentro se stessi e negli altri.
Pieno di metafore e simboli che faccio fatica a spiegarmi perché frutto dell’inconscio… naif, infantile, adolescenziale…
Ammetto che possa risultare criptico, ma sono dell’idea che non tutto si debba capire (o dire) e che alcune cose si possano solo sentire.

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