Animals At The End parlano del nuovo EP Jayus. L’intervista

In questa intervista esclusiva per Oltre Le Colonne, la band post-rock romagnola Animals At The End presenta il nuovo EP “Jayus”. Lorenzo, chitarrista e fondatore del gruppo ha risposto alle nostre domande.

Gli Animals At The End nascono da un progetto solista, che poi si è evoluto in vera e propria band.
Come siete giunti a questa decisione? E come mai sono passati tanti anni dalla nascita di questa idea alla formazione della band e poi della pubblicazione dell’EP “Jayus”?

Dalla stesura della prima bozza del brano che ha scaturito l’idea (Come BBack America) alla formazione della band sono passati quasi 12 anni, era nato come sfogo e come sfida nello scrivere musica strumentale, prima scrivevo cantando, ed è rimasto un side project da “salotto” mentre mi dedicavo ad altre realtà musicali nuove o consolidate nel tempo. Ho passato qualche anno di “hiatus” senza suonare e tre anni con cover bands per puro divertimento, la voglia di scrivere musica è tornata naturalmente assieme alla decrescente necessità di “dire” qualcosa, ma piuttosto di “trasmettere” qualcosa e quel progetto strumentale rimasto in sordina per anni mi è sembrato il più adatto a questa mia esigenza. Dopo quasi due anni di cambi di line-up e finire di scrivere brani abbiamo deciso assieme agli altri membri della band con quali pezzi presentarci al pubblico e così è nato “Jayus”

“Jayus” ha caratteristiche tipiche del genere post-rock ma anche elementi che emergono come molto personali. Quali sono le band che più hanno influenzato il vostro sound? E quali sono invece gli elementi musicali che rivendicate come propri?

In tutta onestà non mi sento di rivendicare nulla, tutto quello che si sente in “Jayus” è frutto di influenze altrui, fatte mie e poi riproposte in modo personale, nulla di innovativo, ma qualcosa di estremamente sincero. Bands che mi hanno influenzato fin da ragazzino sono Poison The Well, Sepultura, Nirvana, Meshuggah, poi crescendo ho esplorato sempre più generi approdando all’ambient, post-rock e musica elettronica apprezzando artisti come Carbon Based Lifeforms, Hammock, Mogwai, Jakob, Tommy Guerrero, ecc…

Scrivere un disco senza testi e poter comunicare qualcosa può essere una sfida non adatta a tutti. Consegnare alla musica l’intera esperienza emotiva dei pezzi è una cosa che implica un certo coinvolgimento ed una esplorazione anche personale profonda. Come affrontate questo versante della vostra produzione artistica? Da dove partite nella creazione dei pezzi e delle atmosfere che evocano?

Parte sempre da uno stato d’animo che viene espresso con naturalezza in un riff o una melodia. Spesso la stesura del brano viene spontaneamente, altre volte ho bisogno di “pause” dove aspetto il momento propizio e l’ispirazione per andare avanti cercando di mantenere coerenza nel brano che può esprimere sia malinconia che rabbia, discernimento e speranza o qualsiasi altra emozione legata ad una particolare situazione che sto vivendo o ho vissuto. Personalmente trovo molto più semplice esprimere quello che provo in musica più che dover “spiegare” con dei testi come mi sento ed un aspetto che mi piace molto di questo genere è l’interpretazione molto personale che viene data dall’ascoltatore.

Ci sono gruppi coi quali vi piacerebbe poter andare in tour, una volta ripartiti i concerti?

Innumerevoli. Lost in Kiev che ho avuto il piacere di sentire dal vivo nel 2017 e trasmettono un’energia incredibile, If These Trees Could Talk, Mountain, Astralia, Seas of Years, Jakob (anche se non credo siano più in attività), ma il sogno nel cassetto rimane condividere il palco con i Mogwai.

Secondo voi, la musica underground in Italia riesce a trovare i propri spazi o viene soffocata dalle produzioni mainstream, senza riuscire a raggiungere chi potrebbe trovarla interessante?

Credo che l’underground abbia sempre avuto il suo pubblico in Italia, certo non fanno i numeri di Ligabue o Vasco negli stadi, ma credo anche che non sia quello l’obiettivo. Quando una band underground diventa mainstream per definizione cambia target e forse viene snaturata (es. Le Vibrazioni e i Meganoidi). Non che non sia contento se una band di provincia “ce la fa”, ma penso che quel passaggio cambi sia la percezione dei fan che il pubblico a cui ti rivolgi. I Mogwai, per esempio, hanno scritto musica anche per cose mainstream pur rimanendo nell’undeground e li stimo molto per questo. Forse tra qualche generazione la “musica italiana” avrà meno presa sul grande pubblico e qualcosa di meno conosciuto riuscirà a superarla in numeri. Chissà.

Avete spazio per dire qualcosa a chi ci sta leggendo. Nel frattempo, i nostri migliori auguri per la vostra band e il vostro EP!

Grazie infinite per questa opportunità, è sempre un piacere “fare due chiacchiere” anche in differita, ci piacerebbe molto sapere cosa pensa e cosa prova chi ascolta “Jayus” quindi chi volesse può mettersi in contatto con noi su Facebook, Instagram e sul canale Youtube WherePostRockDwells dove abbiamo presentato in anteprima l’EP. Abbiamo anche incluso una “bonus track” per chi lo compra su Bandcamp, non è in lista, ma sarà nella cartella scaricata. Speriamo di vederci presto sui palchi!

Ascolta Jayus: https://youtu.be/cMAAfYwy5is

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