È un giallo quello che ci regala alla lettura Alessandro Quadri di Cardano, italiano ma ormai di stanza a Bruxelles. Un giallo dal titolo “La mela marcia”, ambientato a New York come suggerisce il titolo. E chissà quanto attinge dalla cinematografia, chissà quanto dalla vita reale… Un intrigo da dipanare che si rende avvincente sin da subito.
Un romanzo… nasce da cosa? Cosa fa scattare la necessità di scriverlo?
Credo che scrivere sia per me la naturale evoluzione del gioco infantile. Ho sempre avuto molta fantasia, creando mondi immaginari dove ambientare i miei giochi d’infanzia. Una volta adolescente ho cominciato a trasporre quelle idee su carta.
E quando arriva quel momento in cui sai di essere giunto alla fine?
Al momento ho tante idee e moltissimi progetti letterari. Forse, un giorno, avrò l’impressione di non aver più nulla da dire, oppure non troverò più nessuno che si diverta ad ascoltarmi. Ma al momento questo punto d’arrivo mi sembra lontano.
E questa copertina? Intelligenza artificiale oppure… da cosa nasce?
No, l’intelligenza c’è, ma non è artificiale. Infatti, è mia moglie che ha suggerito questa bellissima copertina. Passeggiando intorno al ponte di Brooklin, durante la fase di rifinitura del romanzo, ci trovammo a passare per Washington Street, a Dumbo. Vedendo l’iconico scorcio con i palazzi in mattoni rossi, le scale antincendio sulle facciate e il ponte di Brooklin nello sfondo, mi disse che quell’immagine rappresentava per lei l’essenza stessa del romanzo. Ovviamente, di giorno e con gruppi di turisti che si spintonavano, era difficile da immaginare. Ma decisi di seguire il suo suggerimento, immaginando quel luogo poco prima di una tempesta, con il cielo oscurato da grosse nuvole minacciose e aggiungendo un’ombra furtiva di spalle, con una mela rossa abbandonata sul ciglio della strada. La bravura delle persone che lavorano alla Bertoni ha fatto il resto, regalandoci una copertina molto incisiva.
N.Y. è il posto dove vorresti vivere? O forse torna a galla la nostalgia di casa? Qui sfociamo poi sul lato personale…
Per motivi lavorativi vivo fuori dall’Italia da ormai molti anni. Sono partito dopo la laurea e ho vissuto prima in Belgio, poi in Spagna, e adesso di nuovo a Bruxelles. La nostalgia di casa, dopo quasi vent’anni, si fa sentire e spesso mi dico che vorrei ritornare in Italia. Quando siamo stati a Torino per l’ultimo salone del libro, con mia moglie abbiamo fantasticato all’idea di trasferirci in quella bellissima città. Purtroppo, al momento non ci sono prospettive in questo senso. Nel frattempo, chissà che non si crei un’opportunità per vivere a New York. Certo sarebbe la realizzazione di un sogno, anche se immaginerei un’esperienza limitata a qualche anno.
Che in fondo i tratti di questo romanzo hanno molto del carattere internazionale a cui ci ha abituati anche il grande cinema. Ma se ti chiedessi se ci sono tracce del nostro modo di fare “italiano”?
Il romanzo è indubbiamente un elogio al “mondo americano”. Le ambientazioni cinematografiche e le innumerevoli serie televisive made in USA hanno avuto un ruolo decisivo nella genesi di questo libro. Però c’è indubbiamente anche qualcosa di nostrano nel Tenente Frank Bongiovanni, a cominciare dalle sue origini familiari e la sua passione per il caffè. Per non parlare di sua figlia Emma, grande divoratrice di pizze Margherita. Alla fine, lo sappiamo, dovunque uno vada, anche nel luogo più sperduto al mondo, ci trova sempre un connazionale, di solito dietro ai fornelli di un ristorante.