Da Torino alla Siberia e ritorno: qualche nota di Accordi Disaccordi dal loro quinto tour in Russia

Da Torino alla Siberia e ritorno: qualche nota di Accordi Disaccordi dal loro quinto tour in Russia. Rientreranno a giorni dalla Russia gli ACCORDI DISACCORDI, dopo un tour de force che nemmeno Stakanov: 31 giorni, 26 concerti, oltre 18.000 km percorsi.

Del resto il trio torinese ci si è ormai abituato: pur essendo attivi solo da 5 anni, questo è già il quinto tour oltre la cortina di ferro: hanno infatti iniziato nel maggio 2014, ci sono tornati ad aprile 2015, e poi hanno sperimentato anche l’inverno russo con i tour di novembre/dicembre 2015, novembre 2016 e quest’ultimo di novembre 2017.

Per dare qualche numero: stiamo parlando di un totale di 95 concerti, che hanno toccato 42 diverse città, sparse lungo 9 dei 10 diversi fusi orari in cui è diviso l’enorme nazione russa (manca la Kamčatka, ma arriverà anche quella, ne siamo sicuri…), percorrendo in totale oltre 75.000 km.

Sono numeri che fanno impressione, ma la verità è che è ancora più impressionante e vero motivo di orgoglio il fatto che abbiano potuto realizzare tour così estesi, date spesso sold out, in un paese in cui questo genere musicale è per lo più sconosciuto!

Stiamo parlando infatti di gipsy jazz, la musica di Django Reinhardt; è questo il genere che ACCORDI DISACCORDI suonano da 5 anni e che ormai hanno fatto proprio, con l’attuale album, il quarto, che presenta tutti brani originali composti dalla band.

E stiamo parlando di un popolo che viene, a torto, considerato freddo e distante…

In realtà l’esperienza di ACCORDI DISACCORDI racconta un mondo completamente diverso: “Ovunque si vada il pubblico è sempre molto reattivo, si dimostra sempre “preso bene” dalla nostra musica e non possiamo che ringraziarlo.”, dice Dario Berlucchi, a cui fa eco Alessandro Di Virgilio: “E’ senz’altro il pubblico più caloroso che abbiamo incontrato nella nostra vita artistica. Ci tengono a che noi artisti italiani qui passiamo dei bei momenti, e così curano tutti gli aspetti dell’accoglienza, dal cibo agli hotel ai fiori sul palco al termine del concerto. Ogni giorno è così, e quindi sono giorni speciali.”

Giorni speciali, anche se faticosi, visti i continui spostamenti in un territorio così vasto. “Abbiamo usato tutti i mezzi di trasporto possibili – dice Alessandro – dagli autobus, alle ‘utilitarie’ in cui ci ritroviamo incastrati, alle macchine più grandi, furgoncini, treno, Transiberiana (pochi giorni fa ci abbiamo trascorso 30 ore di seguito! Davvero un’esperienza poetica!), aerei…”, mentre Dario aggiunge “L’anno scorso pure un aereo a elica, e una volta un cavallo… E poi l’emozione di vedere il giorno durare all’infinito, spostandoci da Magadan a Mosca”, separate da 9 diversi fusi orari… Giorni speciali e insieme faticosi anche per le condizioni climatiche estreme, che son quasi costate le dita di Elia Lasorsa, che insisteva a fotografare senza guanti con -42°C…

Ma l’impressione fondamentale resta quella di avere a che fare con un popolo speciale, dal quale c’è tanto da imparare: “Una cosa che dico sempre – racconta Alessandro – è che noi europei dovremmo imparare a conoscere la cultura russa, ricchissima sotto tutti gli aspetti della produzione artistica (teatro, letteratura, musica classica, jazz…): il popolo russo è preparatissimo, ma soprattutto è curioso e assolutamente aperto di mentalità, ed è per questo che ci troviamo sempre in teatri pieni. Noi italiani dovremmo imparare ad avere questa stessa voglia di mordere l’arte che hanno loro”.

Ma crediamo che anche al pubblico russo resterà l’impressione di aver conosciuto un po’ della vivacità della cultura e dello spirito italiano grazie a questi tre ragazzi che hanno creato un progetto artistico partendo ad esibirsi dalla strada e, nutrendolo con l’amore assoluto nei confronti di un genere così particolare e con l’umiltà di voler sempre imparare e conoscere di più, sono arrivati a riempire teatri distanti oltre 10.000 km dalla loro Torino… Del resto, in Russia preferiscono i jazz club e le philarmonic hall, e il motivo sembra sensato: “Non ci abbiamo mai provato a suonare per strada in Russia… Rischieremmo di restare congelati in pochi minuti…”

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