Stefano Malatesta “Undicibrani’ ” il nuovo album. La presentazione “live” all’Alcazar di Roma

Stefano Malatesta “Undicibrani’ ” il nuovo album. La presentazione “live” all’Alcazar di Roma – Mercoledì 7 Novembre alle ore 21 e 30, nel cuore di Trastevere, all’Alcazar Live sono “senza più via di scampo” ed inizia, con un po’ di strizza, il mio viaggio in musica legato ad una manciata di canzoni che ho raccolto nell’album “Undicibrani” anteprima dell'”Undicibrani Tour 2018/19″.

E’ il concerto che mi porterà in giro ovunque – racconta Malatesta – Ci sarà un palco che mi permetterà di far ascoltare la mia musica e anche quella che per un motivo o per un altro ho fatto mia. Sarò accompagnato dalla mia band fatta di straordinari musicisti (amici carissimi): Pietro Lussu, Armando Sciommeri e Francesco Luzzio. E con enorme piacere che ritroverò quel gran genio di Antonello Salis che mi ha fatto l’onore di suonare anche nel disco.

Per questa serata, per me assai speciale, mi regalano la loro presenza on stage dei compagni di musica (ufficialmente definiti: special guest): Francesco Forni (cantautore ed ottimo chitarrista), Francesco Fratini (trombettista jazz), Stefano Disegni (vignettista di chiara fama con la sindrome del rocchettaro armonicista) e Badarà Sek (percussionista e cantante senegalese)”.

Stefano Malatesta vive la musica con un’intensità e curiosità che, fin dai suoi esordi giovanili, lo hanno portato a privilegiare sempre le esperienze, gli incontri e i progetti, a prescindere da un percorso artistico personale che lo definisse come artista. Stefano ha formato band, ha scritto canzoni per tanti, ha prodotto dischi, ha creato festival, ha dato un palco ai musicisti che stima per suonare in modo confortevole e ha viaggiato in giro per il mondo suonando ovunque si sentisse a proprio agio.

L’album “Undicibrani”, per il musicista e compositore romano, è un appuntamento rimandato troppe volte per fare musica in totale libertà, ma oggi, finalmente, è arrivato il momento di soddisfarlo con la consapevolezza di dover raccogliere in una manciata di canzoni che, organicamente, raccogliessero, una volta per tutte, una moltitudine di esperienze legate ad una visione sempre e comunque assai precisa: la libertà.

Questo album arriva al momento giusto ed assolve il desiderio di Stefano di mettere in mostra quello che lui è oggi, dopo tanta vita fatta di note ed accordi. Undici canzoni che rappresentano emozioni personali, storie private, ma anche un modo di essere e di vedere la vita con tutte le contraddizioni che l’esistenza di mette davanti.

Un linguaggio diretto, semplice ma che offre diversi livelli di lettura e approfondimenti, talvolta, molto importanti. Non solo testi privi di orpelli e soluzioni da mestierante della composizione, ma una musica che sgorga dal cuore di chi la suona. Ecco perché Stefano si è avvalso di una band che lo ha supportato non solo a livello tecnico, ma anche emozionale. Le canzoni suonano armoniche tanto se ascoltate una per una, che se messe in fila con un filo logico.

Nel nuovo disco, Stefano affronta temi importanti con serietà anche se, spesso, non resiste a colorarle con della sana ironia, mentre situazioni paradossali e divertenti vengono riportate nella realtà di quello che può accadere a tutti, assumendo aspetti di normale serietà. La forza è di essere semplici il più possibile e di non ignorare il fascino della complessità.

L’attuale singolo in rotazione radiofonica è “All’auditorium” In questo brano, Stefano Malatesta si interroga su come sia possibile che alcune strutture che vengono costruite dalle istituzioni per offrire un servizio alle persone non siano fatte a regola d’arte e mostrino spesso degli enormi difetti. https://youtu.be/iiG8KGhRgWg

Biografia:

E’ solo colpa mia se mi ritrovo a scrivere la mia biografia.

Perché? Dopo svariate settimane in cui il mio manager, l’ufficio stampa e i responsabili del web mi giravano attorno, chiedendomi info dettagliate sulla mia attività di musicista per redigere la mia biografia e, per tutta risposta, io, senza malizia, davo notizie frammentarie e confuse quando me le ricordavo, facendoli, ovviamente, diventare matti a starmi dietro, è arrivato un giorno che in coro mi hanno detto: fattela da te!

Mi piacerebbe iniziare dicendo…. Fin da bambino, all’età di 5 anni, il mondo aveva capito che la mia vita sarebbe stata la musica da come armonizzavo con il campanello della mia biciclettina tipo triciclo. Ma non è vero. E allora come inizio? Dicendo tutta la verità e nient’altro che la verità.

Nasco nel 1967, mi ritrovo un pianoforte in casa con cui mio padre rigorosamente ad orecchio, spaziava da brani di Duke Ellington a Lucio Dalla, e poi c’era mio zio Ettore che ogni qualvolta veniva a trovarci, faceva sempre lo stesso giro di Rock’n’Roll ed io… rimanevo incantato a guardarlo.

Per certi versi anche io, come artisti del calibro di Al Green o James Brown che da piccolini adoravano e cantavano gospel, all’età di 11 anni entrai a far parte Coro Puerorum della Cappella Sistina, dove parallelamente (per 4 anni) studio musica, prendendo lezioni di canto e pianoforte, ma tutte le volte, proprio tutte, che mi mettevo a fare gli esercizi avevo in testa solo le mani di mio zio che maltrattavano quei tasti bianchi e neri.

Mordevo il freno e la mia endemica curiosità mista all’irrequietezza di un quindicenne, mi allontanarono dall’accogliente colonnato del Bernini a San Pietro e mi proiettarono in quella che quei tempi ara chiamata “l’altra musica”. Finita l’esperienza del coro cominciai ad ascoltare Neil Young, James Taylor, Rolling Stones. Fu subito chiaro che alla musica di chiesa preferivo quella “del diavolo”.

Appena l’età me lo permise, presi la patente. Dopo pochi giorni di scorribande per le vie di Roma, feci  un significativo e spettacolare incidente con la mia auto dal ritorno del concerto dei Sound Garden che quella sera si erano esibiti al Wonna Club. Dopo qualche mese arrivò l’assegno di rimborso dell’assicurazione, ma invece di riparare la macchina, non ci pensai un attimo e mi comprai una magnifica chitarra acustica Gibson. Ero un uomo felice.

La mia vita cambiò all’improvviso una mattina. Avevo una radiosveglia sul comodino che un giorno suonò “Good Morning Mr Blues” di Otis Spann; fui folgorato da quel brano e, da quel momento, capii che avevo trovato definitivamente il genere che istintivamente più mi sarebbe appartenuto da li e per sempre.

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