Jarrett, Glass e Stravinskij nel piano duo di Dennis Russell Davies e Maki Namekawa

Jarrett, Glass e Stravinskij nel piano duo di Dennis Russell Davies e Maki Namekawa – Domenica 17 giugno, alle 21.30 al Chiostro della Biblioteca Classense

Il rigore asciutto di Philip Glass, le inflessioni improvvisative di Keith Jarrett e i “barbari accenti” di Igor’ Stravinskij: è questo l’orizzonte ampio e accattivante del concerto che, domenica 17 al Chiostro della Biblioteca Classense, condurrà il pubblico ancora una volta a immergersi in quelle “vene dell’America” che sono il cuore di questa edizione di Ravenna Festival. Protagonista del concerto un duo pianistico veramente d’eccezione: Dennis Russel Davies e la moglie Maki Namekawa. Lui artista dei più innovativi, reduce dal concerto che l’ha visto dirigere l’Orchestra Cherubini il giorno prima, torna dunque in veste di pianista; lei figura di spicco internazionale, in particolare tra i pianisti più attenti alla musica di compositori contemporanei. Entrambi di casa nelle più prestigiose sale e istituzioni concertistiche, in Nord America come in Europa: uno scambio tra i due continenti che segna anche il programma proposto al pubblico del Festival. Programma che si dipana tra “prime esecuzioni italiane” come quelle dei brani degli americani Jarrett e Glass, e rarità esecutive come “Le Sacre de Printemps” di Stravinskij, nella versione pianistica elaborata dallo stesso compositore. E che segue il filo rosso di quell’intimo rapporto che lega il “rito” e le sue strutture fondanti con la musica.

Così, quasi in modo “programmatico”, la serata si apre con Ritual, una suite in due parti che Keith Jarrett – il quale riceverà a settembre il Leone d’Oro alla carriera al 62° Festival Internazionale di Musica Contemporanea della Biennale di Venezia 2018 – compone nel 1974, unico episodio destinato a un interprete diverso da se stesso, e affidato proprio a Dennis Russell Davies, che lo esegue questa sera ma che lo ha anche inciso su disco nel 1977. Una pagina che, pur priva di quella tinta jazz riconducibile ai live di Keith Jarrett, rivela in modo inconfondibile il tratto melodico del suo autore, così come il lirismo malinconico e meditativo, innestato su una trama tonale che del linguaggio improvvisativo conserva le strutture ripetitive e gli ostinati. Del resto, come dice Davies “Quelli che conoscono Jarrett lo ritroveranno in questa musica. Non poteva esser scritta da nessun altro”.

Seguendo la traccia del “rito” toccherà a Maki Namekawa interpretare alcune delle musiche che Philip Glass ha composto per Mishima: A Life in Four Chapters, il film girato da Paul Schrader nel 1985 e dedicato allo scrittore, poeta, drammaturgo Yukio Mishima, che nel 1970, dopo aver vissuto una vita nel segno del nazionalismo e dell’orgoglio giapponese, aveva organizzato il proprio seppuku, suicidio rituale, occupando la sede del Ministero della Difesa, e tenendo il suo ultimo discorso di fronte a un migliaio di soldati nonché alle telecamere della televisione nazionale. La musica di Glass, come il film, si struttura secondo diverse cornici narrative e quindi diversi organici: dalla grande orchestra sinfonica per le scene tratte dai suoi romanzi, agli archi con percussioni per i filmati del suicidio rituale, fino al quartetto d’archi che restituisce una dimensione intima alla ricostruzione della biografia dello scrittore. La pianista proporrà alcune pagine dalla trascrizione per pianoforte della partitura, realizzata per lei da Michael Riesman.

Infine, il rito primitivo e dirompente celebrato da Igor’ Stravinskij a inizio Novecento con lo scandaloso Sacre du printemps. Ispirato, come spiega lo stesso compositore, a “un grande rito sacro pagano: i vecchi saggi, seduti in cerchio, che osservano la danza fino alla morte di una giovinetta che essi sacrificano per rendersi propizio il dio della primavera”, è un capolavoro simbolo della modernità e del sovvertimento di tutti i canoni estetici precedenti, che certo tutti conoscono, ma che pochi hanno avuto occasione di ascoltare nella versione per pianoforte a quattro mani, elaborata dallo stesso compositore nel 1912, ancor prima di perfezionare gli ultimi dettagli della partitura per orchestra e della celebre première che ne consacrò la fama l’anno successivo con i Balletti Russi di Djaghilev.

Info e prevendite: tel. 0544 249244 – www.ravennafestival.org
Biglietto (posto unico non numerato): 20 euro (18 ridotto).
‘I giovani al festival’: fino a 14 anni, 5 euro; da 14 a 18 anni e universitari, 9 euro

In occasione di ogni concerto del Festival alla Classense si rinnova l’opportunità di uno speciale doppio percorso di visita – attraverso la Biblioteca stessa e il vicinissimo Museo TAMO – che attende il pubblico a partire dalle 18.30. Il percorso è accessibile su prenotazione a chi acquista il biglietto unico (10 euro) per tre visite guidate in lingua italiana al Teatro Alighieri, alla Biblioteca Classense e a TAMO. Il biglietto è disponibile presso la Biglietteria del Teatro Alighieri, Ravenna Incoming, uffici IAT e online (www.ravennafestival.org). Disponibile il giorno di visita anche biglietto ridotto a 7 euro per la sola visita a Classense e TAMO.  Info e prenotazionivisiteguidate@ravennaincoming.it| +39 0544 482838/35404

17 giugno – Chiostro Biblioteca Classense ore 21.30
Nelle vene dell’America
Dennis Russell Davies, Maki Namekawa piano duo

Keith Jarrett Ritual prima nazionale
Philip Glass dalla colonna sonora di “Mishima” (trascrizione per pianoforte di Michael Riesman) prima nazionale
Igor’ Stravinskij Le sacre du printemps

Anche in una ideale storia del pianoforte, l’apporto degli Stati Uniti è incalcolabile: da Louis Moreau Gottschalk fino a oggi, il pianismo a stelle e strisce è stato assolutamente innovativo nell’ibridare stili e modalità esecutive di svariatissima provenienza, tra Oriente e Occidente, tra East e West Coast, tra improvvisazione e ardite notazioni grafiche. Sia Keith Jarrett che Philip Glass esemplificano scritture pianistiche originali, provenienti da esperienze musicali prive di confini spazio-temporali. Mondo classico, jazz, sonorità e filosofie orientali, un approccio spirituale ma non mistico, che rinnova il “rito” della musica in ascolti/viaggi dall’energia contagiosa, pervasa da una dimensione sonora unica, tra l’orizzontalità silenziosa dei grandi spazi naturali e la verticalità nervosamente ritmica degli skylines delle metropoli.

Articolo precedenteL’Ensemble Graindelavoix riscopre i Vespri ciprioti con Jean Hanelle
Articolo successivoL’omaggio a Giulio Caccini del Duo Serenissima al Refettorio del Museo Nazionale