Genere e salute, idee per un percorso insieme

“Genere e salute”, ovvero medicina di genere per sensibilizzare operatori e popolazione nei confronti delle differenze esistenti fra uomo e donna, non solo da un punto di vista anatomo-fisiologico, ma anche biologico, funzionale, psicologico, sociale e culturale. Si tratta di un nuovo percorso messo a punto dalla Provincia autonoma di Trento e dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari presentato ieri nel tardo pomeriggio dall’assessore alla solidarietà internazionale e convivenza, Lia Giovanazzi Beltrami, in collaborazione con l’assessore Ugo Rossi. L’incontro è stato ospitato a Palazzo dei Panni ad Arco, nell’ambito delle molte iniziative attivate per Giornata internazionale della donna. All’intervento dell’assessore – che ha anche presentato la sua recente esperienza alle Nazioni Unite, dove ha illustrato le molte iniziative del Trentino sul versante della solidarietà internazionale, che vedono come protagoniste le donne – è seguita la conferenza di Maurizio Del Greco, cardiologo dell’ospedale Santa Chiara di Trento, “Cuore di donna”, che ha presentato le differenze nella fisiopatologia, nella diagnosi e nella terapia delle cardiopatie tra donna e uomo.

In apertura dell’incontro, uno sguardo all’estero, alle Nazioni Unite, dove si sono susseguiti per due settimane incontri ed eventi organizzati dall’Osservatorio permanente sulla condizione della donna, con la partecipazione anche di una delegazione trentina composta da rappresentanti della Fondazione Opera Campana dei caduti di Rovereto, della Provincia autonoma di Trento e del Centro per la formazione alla solidarietà internazionale. “Martedì ho potuto presentare le iniziative del Trentino in favore delle donne africane all’Onu – ha detto l’assessore, appena rientrata da New York – , nell’ambito di una manifestazione a cui sono intervenuti rappresentanti governativi, di associazioni e ong, in particolare sul tema delle ‘donne rurali’. Abbiamo parlato del ruolo che le donne, soprattutto nel continente africano, possono assumere, nella mediazione dei conflitti e nella facilitazione dei processi di riconciliazione. Anche noi facciamo la nostra parte: grazie all’associazione trentina delle ‘donne rurali’ abbiamo favorito, due anni fa, a Trento, l’incontro fra cinque donne, leader di comunità negli ambiti di appartenenza, provenienti dal Medio Oriente, che ora in patria stanno portando avanti progetti comuni, cercando di superare le diffidenze e le lacerazioni generate in particolare dal conflitto israeliano-palestinese. Ma la cosa significativa che ho cercato di sottolineare è anche un’altra, e cioè che la solidarietà internazionale crea comunità qui, in Trentino, dove si genera, non solo nei paesi e dei luoghi dove si portano avanti concretamente i progetti. Questo è stato percepito fortemente dalle persone che ho incontrato, che hanno manifestato interesse e ammirazione per ciò che il Trentino fa e hanno commentato: ‘E’ molto bello che nel mondo esistano realtà regionali così, che si impegnano su questi fronti’. Credo sia uno dei tanti piccoli riconoscimenti di cui dovremmo andare orgogliosi, noi trentini, che spesso invece tendiamo a sminuire ciò che facciamo. Ma grazie a questi confronti, grazie alle relazioni che si creano a livello internazionale, possiamo anche imparare molto dagli altri: ad esempio, abbiamo appreso che gran parte degli ambasciatori africani nel mondo sono in realtà ambasciatrici, sono donne, mentre se guardiamo all’Italia la situazione è ben diversa”
Venendo al progetto “Genere e salute”, l’assessore ha ricordato come esso sia partito in forma sperimentale circa un anno fa, grazie anche ad una proposta proprio delle ‘donne rurali’ del Trentino. “Abbiamo quindi messo a punto un percorso che tocca le diverse tematiche inerenti alla medicina di genere, assieme all’Azienda provinciale per i servizi sanitari; questo incontro è il primo di una serie, ne seguiranno a breve degli altri, su tutto il territorio provinciale. Parallelamente si svilupperà, con il personale medico-sanitario, un percorso di studio e di ricerca su temi specifici come questo delle cardiopatie. La terza fase riguarderà la sensibilizzazione dei medici di base.”

Quello della Medicina di genere (MdG) è un tema relativamente nuovo. L’attenzione si concentra sulle differenze fra uomini e donne non solo dal punto di vista anatomo/fisiologico ma anche psicologico, sociale e culturale e, in secondo luogo, della differenza di risposta alle cure. Obiettivo di questo ambito di intervento è di garantire il più elevato livello di cure a tutta la popolazione, considerandone le differenze.
I primi studi sull’impatto che le differenze di genere comportano rispetto al modo in cui le patologie si manifestano, si sviluppano e vengono curate, risalgono alla metà degli anni Ottanta negli Stati Uniti: un nuovo approccio medico, dunque, che pone in relazione la salute e il rischio di patologia con i differenti ruoli sociali, culturali ed economici determinati dal fatto di appartenere al genere maschile o femminile.
In provincia di Trento la sensibilità alle tematiche della MdG, fino alla nascita del progetto coordinato da Provincia e Apss, era affidata ai singoli operatori; il percorso messo a punto ora, e che ha avuto nella serata di Arco uno dei suoi momenti fondanti, coinvolgerà in maniera più organica e più diretta sia il personale sanitario sia la popolazione trentina nel suo complesso.
Dopo la presentazione del progetto “Genere e salute”, la conferenza “Cuore di donna”, tenuta da Maurizio Del Greco, cardiologo dell’ospedale Santa Chiara di Trento, che ha presentato le differenze nella fisiopatologia, nella diagnosi e nella terapia delle cardiopatie tra donna e uomo.

Scheda: “Cuore di donna” medicina di genere e malattie cardiovascolari

La Cardiopatia Ischemica (CI), rappresenta la maggiore tra le cause di morte in tutti i paesi occidentali. Nel 2000 la CI è stata responsabile di circa il 20% dei decessi nel mondo (circa 14 milioni di persone) e di più del 50% nei paesi industrializzati. Durante gli ultimi 20 anni diversi studi si sono occupati delle differenze di genere per quel che riguarda le manifestazioni cliniche e la prognosi della malattia coronarica. I risultati di questi studi hanno dimostrato alcune importanti diversità correlate al sesso.

Complessivamente la Ci uccide, secondo i dati più recenti, più di 500000 donne americane all’anno, pari al 41.3% delle morti complessive tra il sesso femminile, più di tutti i tipi di cancro messi assieme. In Italia, le donne che ogni anno muoiono per malattie cardiovascolari sono circa 120000 e, nonostante questa evidenza, si tende a considerare ancora tale condizione specifica del sesso maschile. Per molti anni, infatti, lo studio della malattia coronarica e dei suoi fattori di rischio ha interessato prevalentemente gli uomini, data la maggiore frequenza della malattia in età media, la comparsa in età più giovane rispetto alla donna e l’elevata letalità. Fino alla menopausa, la frequenza della malattia ed i livelli dei fattori di rischio sono più bassi rispetto agli uomini; con l’avanzare dell’età le differenze si riducono ed i valori risultano simili o diventano più elevati rispetto a quelli riscontrati negli uomini.

Gli ultimi dati epidemiologici sulle malattie cardiovascolari in Italia risalgono al 2000 e sono stati raccolti dall’ISTAT e dall’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare. Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora la principale causa di morte nel nostro Paese, essendo responsabili del 44% di tutti i decessi. In particolare la cardiopatia ischemica è la prima causa di morte in Italia, rendendo conto del 28% di tutte le morti, mentre gli accidenti cerebrovascolari sono al terzo posto con il 13%, dopo i tumori. Chi sopravvive a un attacco cardiaco diventa un malato cronico. La malattia modifica la qualità della vita e comporta notevoli costi economici per la società. In Italia la prevalenza di cittadini affetti da invalidità cardiovascolare è pari al 4,4 per mille (dati Istat). Il 23,5% della spesa farmaceutica italiana (pari all’1,34 del prodotto interno lordo), è destinata a farmaci per il sistema cardiovascolare. Abitudini e comportamenti diversi possono portare a differenze importanti nella distribuzione dei fattori di rischio.

Pressione arteriosa: il 33% degli uomini e il 31% delle donne sono ipertesi (pressione arteriosa uguale o superiore a 160/95 mmHg), oppure sotto trattamento farmacologico specifico. Il 19% degli uomini e il 14% delle donne sono in una situazione limite, in cui il valore della pressione sistolica è compreso fra 140 e 159 mmHg e quello della diastolica è compreso fra 90 e 95 mmHg. Per quanto riguarda la percentuale di persone ipertese, il 50% degli uomini e il 34% delle donne non vengono trattati farmacologicamente per tenere sotto controllo la pressione arteriosa.

Colesterolemia: il 21% degli uomini e il 25% delle donne hanno colesterolemia totale uguale o superiore a 240 mg/dl oppure sono sotto trattamento farmacologico specifico. Il 36% degli uomini e il 33% delle donne sono in una condizione di rischio (colesterolemia compresa fra 200 e 239 mg/dl). Per quanto riguarda la percentuale di persone ipercolesterolemiche, l’81% degli uomini e l’84% delle donne non vengono trattati farmacologicamente per tenere sotto controllo il colesterolo

Sedentarietà: il 34% degli uomini e il 46% delle donne non svolgono alcuna attività fisica durante il tempo libero.

Fumo: il 30 % degli uomini fuma in media 17 sigarette al giorno, contro il 21% delle donne che ne fuma 13.

Obesità: il 18% degli uomini e il 22% delle donne sono obesi.

Glicemia: il 9% degli uomini e il 6% delle donne sono diabetici con glicemia superiore a 126 mg/dl. Il 9% degli uomini e il 5% delle donne sono in una condizione di rischio, in cui il valore della glicemia è compreso fra 110 e 125mg/dl. Per quanto riguarda la percentuale di persone diabetiche, il 62% degli uomini e il 56% delle donne non vengono trattati farmacologicamente contro il diabete.

Studi anatomo-patologici dimostrano come, nell’uomo, le placche cominciano a comparire intorno all’età di 30 anni, sulle pareti arteriose; esse crescono in maniera proporzionale al livello sierico di colesterolo e al numero di sigarette fumate e raggiungono la “criticità” all’età di 60-65 anni (storia naturale della cardiopatia ischemica nell’uomo). Nelle donne, invece, la presenza del periodo fertile (ricco in estrogeni) posticipa la data di comparsa della placca, la quale cresce in relazione alla storia di diabete e di ipertensione di cui è più spesso affetta la paziente di sesso femminile. La criticità viene raggiunta all’età di 75-80 anni (15-20 anni dopo rispetto all’uomo.

La vera “Sindrome del sesso debole” consiste, in conclusione, in una serie di eventi fisiologici e fisiopatologici, geneticamente controllati, che sposta l’esordio della cardiopatia ischemica di 15-20 anni rispetto al maschio. L’età più avanzata e la maggior presenza di patologie concomitanti rendono il quadro clinico e la prognosi della coronaropatia acuta molto più severi rispetto al maschio.

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