Festival Letterario della Sardegna al via la XII Edizione con il Preludio al Festival che apre le danze di Gavoi

La lunga attesa annuale del Festival Letterario della Sardegna è resa più dolce dal Preludio del 13 e 14 giugno, un intermezzo di anticipazioni ed esclusive di quanto accadrà dal 2 al 5 luglio ma anche un modo per scoprire e vivere l’interno dell’isola visitando l’incanto della Barbagia e i suoi luoghi – non sempre conosciuti – come il paese di Gavoi cha da dodici anni ospita il Festival e ne è protagonista tanto quanto gli scrittori che lo animano.
Si comincia sabato 13 alle ore 17.30 con l’inaugurazione di alcune mostre del festival ospitate presso le sale del Museo Comunale di Gavoi. Il Museo MAN di Nuoro presenta per l’occasione due progetti espositivi Setta. Quadri di comportamento di Claudia Castellucci e Occhio Riflesso degli artisti Enrico Piras e Alessandro Sau.

Setta. Quadri di comportamento
è la mostra personale tematica di Claudia Castellucci – artista, drammaturga, coreuta, teorica e didatta, co-fondatrice della compagnia Socìetas Raffaello Sanzio – a cura di Silvia Fanti, un progetto realizzato in collaborazione con il Museo Marino Marini di Firenze. Fino al 5 luglio il Museo Comunale (ex Casa Lai) accoglie una serie di opere create dal 1985, lungo un percorso che ruota attorno alla Rappresentazione, attraversando scultura, azione scenica, linguaggio. L’artista sarà presente all’inaugurazione con una performance, concepita come un’azione oratoria, dal titolo Celebrazione dei gesti istoriali.
La mostra è la messa in atto del libro dell’artista Setta. Scuola di tecnica drammatica caratterizzato da una finalità trasparente e dichiarata – la scuola – e da una struttura intimamente connessa a questa finalità, gli esercizi e le giornate. Le scuole – quelle da lei dirette dal 1989 al 2011, e quelle potenziali future – sono in realtà una dimensione della conoscenza, non uno snodo nella trasmissione della stessa. Le opere suggeriscono cosa fare, sono un prontuario per il comportamento. Come esplicita la stessa Castellucci nei suoi Appunti per l’arte didascalica: “Ho deciso di spiegare i contenuti del mio libro attraverso una serie di quadri didascalici. Scelgo la spiegazione, e non la teoria, come nel libro. Invito i critici alla teoria. Ci sono pensieri pratici: esercizi che servono a fondare una scuola reale, così come reali sono le decisioni che si prendono in merito al contatto con questa. Le opere che faccio sono tutte, in un modo, o in un altro, didascaliche. Anche la tecnica e la materia sono utili ad apprendere. Non voglio esprimere una teoria, ma invitare alla prassi. La prassi è comunque un dominio di ordine metafisico che allontana l’utilitarismo e l’utilitario: solo l’utile accetta. Questa arte, l’arte che accetta questo ordine, è un’arte che serve.”

Occhio Riflesso
è, invece, a doppia personale degli artisti Enrico Piras e Alessandro Sau nasce dalla riflessione sul ruolo dell’opera d’arte, della sua esistenza e legittimazione e del suo rapporto con il pubblico. Il progetto, il cui esito finale è costituito da due serie di opere – Egyptian Darkness di Enrico Piras, e Ways of Seeing di Alessandro Sau – si è articolato in due parti proponendo una netta separazione tra il momento intuitivo, creativo e formale dell’opera realizzata (occhio), e la riproduzione e diffusione del suo valore artistico (riflesso) attraverso la documentazione fotografica, filtro narrativo tra le opere e il pubblico.
Nella prima fase si è sviluppato attraverso una serie di mostre bi-personali della durata di un giorno, realizzate in Sardegna in spazi non convenzionali legati a particolari contesti storici e architettonici: una grotta artificiale, una domus de janas, un bunker, una pinnetta, un villaggio minerario e una villa nobiliare. I luoghi scelti diventano parte attiva e fondamentale della presentazione, oltre che oggetto dei lavori esposti, assumono il ruolo di scenario per le mostre in cui l’apparato strutturale si unisce alle opere stesse, in una costruzione scenica in cui luci, generatori elettrici, proiettori, convivono e ne rendono possibile la realizzazione. Le mostre, allestite e visitate unicamente dai due artisti, sono state caratterizzate dall’assenza di pubblico e di una curatela esterna specifica: tutti gli aspetti relativi all’organizzazione espositiva vengono infatti compresi nella stessa pratica artistica.
Nella seconda fase – esposta a Gavoi in occasione del Festival – la restituzione attraverso il medium fotografico ha permesso di veicolarne il contenuto agendo non solo come riproduttore delle opere esposte, ma anche come testimone di una ricostruzione scenica: i luoghi scelti diventano parte integrante della documentazione, caricandosi di una forte valenza narrativa.

Nelle sale al piano terra del Museo Comunale è esposto, invece, il lavoro del fotografo gavoese Roberto Mulas Kurdistan, un popolo che (r)esiste. La mostra espone il frutto della sua esperienza al confine turco-siriano del Kurdistan dove si è recato – insieme ad una delegazione di sardi in visita come osservatori internazionali – in occasione dell’annuale appuntamento con i festeggiamenti del Newroz, la ricorrenza tradizionale che da 2627 anni nel mese di marzo celebra il nuovo anno e il cui carattere ha assunto oggi una connotazione prevalentemente politica. Da Lice, paese di origine del PKK alle porte di Kobane, passando per il montuoso territorio dell’antica Amed, i festeggiamenti del Newroz, non ricordano più solo la deposizione del malvagio re Zuhak ma rappresentano oggi una lotta per l’autodeterminazione. Le didascalie e il senso semantico di esposizione raccontano della difficile situazione che la popolazione curda vive ancora oggi. Le immagini raccontano – senza troppa attenzione per la tecnica – le feste politiche, l’incontro con i rifugiati di Kobane, i volti esausti ma radiosi degli yazidi e dei loro campi profughi, la resistenza del Rojava e la fuga dalla Siria.

Sempre alle 17.30 inaugura in piazza Sant’Antriocu anche la mostra Dedicated minority dello sloveno Žiga Koritnik fotografo ufficiale del festival per diverse edizioni.
La mostra non è solo il ripercorrere inevitabile del festival, è un percorso creativo, frutto di un lungo lavoro, “dove è necessario osservare, oltre il vedere, il guardare e farsi trascinare da quelle atmosfere”. Quando l’apparente normalità diventa arte e la banalità di un gesto o di un momento si perpetua in uno scatto, il fotografo diventa protagonista lui stesso nella creazione delle immagini. Žiga Koritnik, va oltre la tradizione documentarista, seguendo gli eventi nel tempo e nello spazio, assecondando un ritmo interno alla realtà del fotografato, ascolta il linguaggio della comunità e ne capisce il senso, diventa uno del paese. Il pubblico sembra diventare autore ed è presenza autorevole. Non ci sono solo scrittori. Lo scrittore diventa parte del gruppo, in mezzo ai volontari, con i volontari, con i ragazzi, con la gente, dentro la festa. Con le parole possiamo confonderci, con le foto di Žiga no. Il suo linguaggio è chiaro. Tutto diventa universale. Letture diverse, o diversi modi di leggere e di comunicare, un linguaggio come specchio della naturalezza della gente, con osservazioni profonde, conducendo la storia affinché si veda l’anima della gente e del luogo, che è anche la lingua del mondo. Un nuovo punto di vista o di luce su questo festival, come una maschera rovesciata, che porta anche le contraddizioni del genere umano, i cambiamenti della comunità, le innovazioni nella tradizione, e per tornare al titolo della mostra, forse anche i sogni e le speranze per un mondo migliore.

Sempre in piazza Sant’Antriocu, ma alle 19.30, si celebra il Centenario 1914-18 con Un anno sull’Altipiano, recital di teatro e musica tratto dall’omonimo romanzo di Emilio Lussu. Adattato per il palcoscenico da Daniele Monachella, voce recitante, accompagnato in scena dal chitarrista e compositore Andrea Congia e da Andrea Pisu alle launeddas e percussioni, il testo è una preziosa testimonianza del popolo sardo che con migliaia di vite umane pagò l’immane prezzo della Grande Guerra.

Si tiene invece domenica 14 alle 18.00, l’imperdibile appuntamento con Stefano Benni e con il suo Cari mostri, ultima fatica letteraria del noto scrittore, umorista e sceneggiatore, recentemente uscita per Feltrinelli. Nel corso dell’incontro l’attrice Gisella Vacca legge alcuni brani tratti dal romanzo. A introdurre la presentazione è il preludio musicale di Pierpaolo Vacca con il suo organetto.

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Scheda tecnica

Titolo
Festival Letterario della Sardegna XII edizione

Periodo
2 – 5 luglio 2015
Preludio 13-14 giugno 2015

Luogo
Gavoi (NU), Barbagia, Sardegna

Ingresso
Gratuito

Sedi
S’antana ‘e Susu, Piazza Sant’Antiocru, Giardino Comunale – Binzadonnia, Scuole elementari – Didova (spazio ragazzi), Salone Parrocchiale, Santu Bainzu, Piazza Mesu Bidda, Biblioteca Comunale, Museo Comunale (ex Casa Lai), Casa Maoddi, Piazza S. Giorgio-Lodine (Nu)

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